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La risata di Roma vince a Venezia

Christian De Sica

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Com'è triste Venezia senza Roma. La mostra del Cinema che si apre a settembre conferma anche quest'anno la vocazione radical chic che la caratterizza da anni. E, di conseguenza, anche l'altissimo tasso di noia che si accompagna ai fuochi artificiali progressisti. Lo scorso anno fu il trionfo del dittatore venezuelano Chavez, accolto con inchini e moine e protagonista di una sfilata da star sul prestigioso tappeto rosso della Laguna, circondato dai supporter con tanto di cartelli zeppi di frasi adoranti (dei contestatori, invece, nessuna traccia). A fare da contorno c'era il regista Oliver Stone, il quale da tempo non riesce a produrre blockbuster di successo e si consola con prodotti «impegnati» contro Bush o a favore della rivolta del Sudamerica contro i perfidi Usa. Per non dimenticare Michael Moore, ingombrante documentarista foriero di tirate anticapitaliste. L'edizione che sta per iniziare si accontenta di celebrare Nichi Vendola con un nugolo di film prodotti in Puglia e di polemizzare con il ministro Sandro Bondi, tanto per cambiare. Ma veniamo alla Capitale. Che c'entra in tutto questo? C'entra eccome, perché sarà la protagonista assoluta della sezione «La situazione comica», che recupera - come raccontava il bel pezzo di Antonio Angeli pubblicato venerdì scorso dal Tempo - i maggiori volti della risata italiana. Per sorridere, a Venezia, c'è bisogno di romanità. Per trovare un cinema che non faccia dell'impegno fine a se stesso la propria ragione di vita, per vedere film che non si piangano addosso, bisogna ripescare i classici della comicità del tempo che fu. A farla da padroni sono proprio i romani. Sarà il trionfo dei Vanzina e di Christian De Sica. Di Lando Buzzanca e di Carlo Verdone. Dei lungometraggi considerati per lungo tempo di serie B e ora riabilitati dalla critica ufficiale con la puzzetta al naso. Smacco ulteriore: si tratta di pellicole bollate per anni come «di destra» e dunque sgradite all'intellighenzia che preferiva il film polacco del momento con i sottotitoli o il doppiatore unico. Per divertirsi, a Venezia, ci vuole il grido liberatorio di Paolo Villaggio contenuto nel Secondo tragico Fantozzi del romanissimo Luciano Salce. Lo ricordate tutti, no? «La corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca!», seguono 92 minuti di applausi. Ecco, questa frase dovrebbe risuonare per la Laguna, nelle orecchie dei cineasti vissuti grazie ai fondi pubblici e sempre pronti a contestare Berlusconi. Senza Roma, Venezia annoia. Ne sa qualcosa pure Quentin Tarantino, che quest'anno sarà presidente della giuria al Lido. In parte è anche grazie alla sua opera se oggi possiamo riscoprire i B movies di casa nostra, dei quali l'autore di Pulp Fiction è da sempre un cultore, maniaco dei fasti di Cinecittà. Per dimenticarci del caudillo Chavez e dei suoi suonatori di cornamusa, aspettiamo solo di vedere Lando Buzzanca sfilare sul tappeto rosso, Christian De Sica premiato col Leone d'oro. E magari pure un riconoscimento a Renato Pozzetto, che è lombardo che più lombardo non si può, ma in coppia con Enrico Montesano chi se lo dimentica più.

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