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Nicola Cabibbo, Nobel mancato

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EppureCabibbo aveva svelato i segreti delle particelle elementari, a partire da un suo articolo apparso nel 1963 sulla rivista «Physical Review», al pari dei ricercatori nipponici Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa, cui invece fu assegnato l'ambito trofeo. Ma Cabibbo, scomparso lunedì all'età di 75 anni, erede dei «ragazzi di via Panisperna», non amava le polemiche. Anche se ricordava che la sua scoperta «precedeva di pochi mesi l'idea dell'esistenza dei quark spiegando come avviene il mescolamento di diverse particelle all'interno di una sola». Comunque, il suo stile gli impediva di recriminare. Era un uomo di scienza e di coscienza e proprio per questo suo sicuro equilibrio tra fede e ragione, era stato chiamato a presiedere l'Accademia Pontificia della Scienza. Ma di mille cose si interessava sin da quando era ragazzo ed aveva scoperto - e amato - insieme la fisica e la letteratura americana. Particolarmente caro, poi, gli era il dibattito delle idee sempre diretto al buon fine della verità. Del resto, restituendo a Galileo Galilei la sua piena dignità di cristiano, proprio la Chiesa aveva dimostrato di non temere il confronto con la scienza non «scientista». Entro questo fermo ordine di valori, Cabibbo trascorse tutta la sua vita, intervenendo su temi cruciali con ammirabile chiarezza. Ad esempio quando distingueva la teoria dell'evoluzione - assolutamente non in conflitto con la creazione - con quell'evoluzionismo che invece negava «la necessità di Dio». M.B.G.

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