Il pollo con i peperoni? Mangiatelo senza prescia
AldoFabrizi scriveva: «Oggi se pranza in piedi in ogni sito; er vecchio tavolino apparecchiato, che pareva un altare consacrato, nun s'usa più: la prescia l'ha abolito». Poi si metteva in cucina, invitava Anna Magnani e pochi intimi e all'una in punto dava il via al rito della crapula. Il menù del pranzo di Ferragosto, se glielo chiedevi da romano, lo elencava così: pomodori col riso, pollo con i peperoni, magari un pezzetto di parmigiana di melanzane. Una botta per il colesterolo, una colata di olio. Lui sdirazzava preferendo due braciole a scottadito e un'insalatina acetosissima. Però la tradizione è tradizione. Nella Roma di piazza Vittorio, la gran fiera magnara del Pasticciaccio, la comare affannata dal carrello della spesa il giorno dell'Assunta non avrebbe mai deviato da una sequenza di piatti in rosso. Rossi e giganti i pomodori, scavati piano piano con il coltellino concavo. Dentro ci tuffava il riso prima affogato nei semini e nell'acquetta uscita dai pomodori. Il quesito origano o basilico per insaporire virava decisamente verso la prima opzione. D'obbligo, nella teglia a doppia piazza che la comare portava sbuffando al forno dove comprava tutti i giorni il pane, un tappeto di patate. Tagliate a tocchettoni, come con l'accetta. La parmigiana era una scocciatura che impegnava la signora almeno due giorni prima dell'abbuffata coi parenti tutti. Melanzane «capate», messe sotto sale, pressate da una «pila» piena d'acqua per fare uscire quel diavolo dell'amaro. Poi passate nell'uovo (o nella farina, ma solo per i delicati di fegato, si fa per dire), fritte fetta per fetta in un lago d'olio. La salsa era leggerina, da «sciacquare la bocca», di nuovo depredando la pianticella di basilico sistemata sul davanzale della cucina. Ecco l'ultimo atto: sistemare a strati melanzane, fette di mozzarella, sugo, una manciata di parmigiano preso dalla scodella di ceramica. E via, un altro viaggio dal fornaio, con la teglia avvolta nello strofinaccio di cotonone bianco. Il pollo coi peperoni aveva due varianti. Peperoni prima messi sulla graticola, ad «abbruciacchiare» la pelle, anzichenò indigesta. Oppure buttati subito nel tegame insieme col pomodoretto e al pollo a pezzi. Certo, la pietanza così risultava pesantuccia, specie al nonno, che combatteva con la gastrite. Per tutto il pomeriggio rinfacciava alla figlia: «Nina mia, so' quattr'ore che 'sto pollo coi peperoni me riviene su». Ma mica confessava che di pomodori col riso se n'era ingozzati due, di parmigiana mezza scodella, di ruspante a pezzi due porzioni. Per fortuna che «a pulì» la bocca a fine pasto arrivava er cocomero. «Daje ch'è rosso» ripetevano in coro i commensali. E il capofamiglia roteava come una scimitarra il coltellaccio, affondandolo nella polpa come nel torace del nemico più odiato. I suddetti manicaretti erano un classico, a Ferragosto, perché adatti anche al pic nic, meglio detta «magnata sotto 'na fraschetta». Allora mamma tirava giù dalla madia la cesta di vimini e stipava tutto là dentro e via, tutti insieme dentro la balilla. Oggi, nell'anno di grazia 2010, forse la gita fori porta verrà rimandata causa maltempo. Allora, apparecchiate la tavola in casa, mettetevi seduti, gustate il pranzo di Ferragosto. Senza prescia.