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A Venezia il film nato come un gioco

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Ragazzidei quartieri della periferia più degradata di Cagliari, i peggiori a scuola, sui quali nessuno avrebbe scommesso, arrivano alla 67/a Mostra del Cinema di Venezia con le loro cinque storie difficili nel film a record low budget «Tajabone» del regista Salvatore Mereu, girato in digitale con 10 mila euro in tre settimane, in concorso nella sezione Controcampo italiano, l'8 settembre. «Anche in storie così disagiate si può vedere la luce. È stata una scommessa vinta perché i ragazzi all'inizio erano molto diffidenti. Lo scopo del film era didattico, è cresciuto strada facendo. L'ho mandato al Festival di Venezia con lo spirito del biglietto della lotteria» dice il regista sardo, già vincitore del David di Donatello con «Ballo a tre passi», che lo sta producendo con la sua piccola casa di produzione «Via col vento». «Per il festival dobbiamo portare la copia in pellicola. Stiamo lavorando al montaggio e alle musiche» e ovviamente con il lavoro di post produzione i costi lieviteranno un po', al massimo, complessivamente «oltre i 30 mila euro» spiega. Nate da un progetto scolastico, scritte e interpretate dai ragazzi delle scuole medie della «banlieue» di San Michele e del quartiere di case popolari di Sant'Elia, a Cagliari, sono le storie di un adolescente senegalese che deve trovare lavoro per pagare l'affitto di casa; di due giovani Rom in versione Romeo e Giulietta e di una ragazza sovrappeso che si crea un falso profilo su Internet per conquistare il belloccio del quartiere. Ci sono anche una storia di bullismo al femminile e di un'amicizia fra due ragazzi che si incrina quando uno dei due si fidanza e l'epilogo è drammatico. «Ho selezionato - racconta Mereu - ragazzi sui quali gli insegnanti non credevano più, per il mio corso di educazione all'immagine con l'obiettivo di realizzare alla fine due corti. I giovani hanno scritto racconti, ho capito che c'era materiale per fare un film corale. L'unico legame fra una storia e l'altra era la scuola, punto di partenza per seguire il vissuto dei ragazzi. Sul set abbiamo aggiunto qualche dialogo, poi abbiamo improvvisato». Nel girare il film, tutto negli orari scolastici, tranne qualche scena notturna, i ragazzi hanno «dimostrato quanto per loro sia prezioso il tempo libero che hanno. Non è vero che i giovani italiani sono uguali a quelli che vediamo in tv dove sembra che sgomitino per avere un posto al sole in televisione. Uno di loro, Oscar, che ama giocare a pallone, non avrebbe mai rinunciato alle sue partite per girare». Fra attori e sceneggiatori, i ragazzi che hanno lavorato al film sono una ventina ma a Venezia, spiega il regista, «non potranno venire tutti. Vorrei portarne almeno dieci. Quasi tutti escono per la prima volta da Cagliari».

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