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I geni futuri nell'era biotech

Umberto Galimberti

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È in corso uno dei più grandi cambiamenti che la civiltà umana abbia mai visto: dalla rivoluzione industriale si passa alla biotecnologia, all'alleanza tra informatica e ingegneria genetica. Il computer viene usato per decifrare le informazioni dei geni, gestirli e poi sfruttarli. Già vengono programmati geni per l'alimentazione, per prodotti farmaceutici, per realizzare nuove risorse di energia, fibre e materiali. Geni umani vengono iniettati nell'embrione dei topi, che si muovono molto più velocemente e crescono in maniera abnorme. La luce delle lucciole viene iniettata nelle piante, che diventano luminescenti, mentre nascono nuovi animali ibridi, come la geep misto di goat (capra) e sheep (pecora). Fino alla ben nota pecora clonata. In attesa che si ufficializzi la nascita del primo essere umano clonato. Non c'è quindi più bisogno dello sperma maschile e dell'ovulo femminile, ma si potranno duplicare copie identiche di individui, con uno standard di produzione simile alla catena di montaggio. E ogni essere umano potrà cambiare il suo codice genetico per eliminare disturbi o malattie. Sono da anni in atto esperimenti sul feto umano e presto si potranno programmare bambini su misura. Ma nascerà davvero il figlio perfetto? E che ne sarà del bambino nato in modo tradizionale, senza elaborazioni genetiche? Quale sarà il confine della perfezione? Inevitabile la discriminazione verso i genotipi. Con datori di lavoro che non assumeranno più individui dalla mappa genetica «avariata». Dimenticando che poi il gene interagisce con l'ambiente e non è detto che l'essere perfetto non morirà o non si ammalerà prima di quello ritenuto imperfetto. Ed è probabile, come asserisce l'economista Jeremy Rifkin, che «la battaglia per i diritti genetici dominerà sulla politica della prossima generazione» e «chi controlla i geni controllerà il secolo della biotecnologia». Sembrerà un'inezia l'inquinamento petrolchimico o nucleare, di fronte all'«inquinamento genetico». La Terra sarà seminata da nuovi organismi e non tutti saranno benefici. Cosa succederà agli uccelli che si ciberanno di insetti pullulanti su piante che producono plastica? Ma soprattutto muteranno codici, valori morali, etici, e in particolar modo atteggiamenti psicologici dell'Homo Tecnologicus del Terzo Millennio . A dare un esempio degli scenari futuri di questo nuovo essere umano ancora in fase di sviluppo è stato Umberto Galimberti, con il libro «Psiche e techne. L'uomo nell'età della tecnica» (riedito da Feltrinelli, pp. 815, euro 20,66). È questo forse il suo saggio più importante che tenta di descrivere l'uomo, nei suoi diversi aspetti, in rapporto alla tecnica. Continuiamo a pensare - scrive Galimberti - che la tecnica sia uno strumento del quale noi deteniamo le chiavi. In realtà, la tecnica ha sostituito la natura che ci circonda e costituisce oggi l'ambiente nel quale viviamo. Noi però facciamo ancora parte dell'uomo pre-tecnologico che agisce in vista di scopi, con un bagaglio di idee proprie e di sentimenti in cui si riconosce. Ma la tecnica non tende a uno scopo, non apre scenari di salvezza, non svela verità, la tecnica «funziona». E basta. Galimberti cerca così di ridefinire i concetti di identità, libertà, salvezza, verità, senso, scopo, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione e storia. Concetti che nella nuova età della tecnica vanno riconsiderati, abbandonati o rifondati. Tutto ciò che finora ci ha guidato nella storia - sensazioni, percezioni, sentimenti - risulta inadeguato nel nuovo scenario. Come «analfabeti emotivi» assistiamo all'irrazionalità che scaturisce dalla perfetta razionalità dell'or-ganizzazione tecnica, priva ormai di qualunque senso riconoscibile. Ecco che si percepisce la necessità di un ampliamento psichico, capace di compensare la nostra attuale inadeguatezza. Ecco che l'autore affronta il tentativo di fondare una nuova psicologia dell'azione che ci consenta, se non di dominare la tecnica, almeno di evitare di essere da questa dominati. Anche il cinema, proprio in questi giorni, sta offrendo suggerimenti per sopravvivere nell'era prossima ventura con il fantasy «Splice», da venerdì nelle sale. Adrien Brody e Sarah Polley sono due giovani e ambiziosi scienziati e segretamente decidono di mescolare Dna umano e animale: il risultato è qualcosa di straordinario, un ibrido, una chimera chiamata Dren. Ma dopo poco tempo, quella che sembrava una scoperta in grado di rivoluzionare il mondo della scienza si rivelerà il più grande errore mai commesso. Il film è prodotto da Guillermo Del Toro e segna il ritorno alla regia di Vincenzo Natali, l'autore di «The Cube».

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