Coatti gli altri

Mome so' scocciato davvero. E su Lando, non tenga il broncio. Non l'ho mai vista così. Da quarant'anni il cantattore Fiorini ci fa ridere dal palcoscenico trasteverino del Puff. Sì, ma questa storia dei romani coatti è diventata un tormentone. E sa perché me so' scocciato? Primo perché non è vero, secondo perché quelli del Nord, i milanesi, ci vanno in brodo di giuggiole a vedere noi romani presi per burini. Non è così? Manco pe' ggnente. Lasci stare le due ragazzine di bira e calippo. Non c'hanno fatto fare una bella figura, però sono ingenue, le hanno messe in un ingranaggio più grande di loro. Però insistere troppo sui lati oscuri de noantri è strumentale, me lo faccia dire. Insomma, puzza. Noi siamo tutt'altro che coatti, come vogliono far credere. E allora, come sono, i romani? Prima di tutto sono autentici. Autentici e giusti. Se ti devono dire una cosa, te la dicono in faccia. E lo sa che ne discende? Che, quando serve di dare una mano, si fanno in quattro. Dopodomani sono in scena al «Parco Falcone e Borsellino», all'Eur Montagnola. Canto le canzoni di ieri e di oggi. Faccio ride' la ggente. Difendo la romanità. Non prendo un euro e so' contento. È una serata a ingresso gratuito, chi vuole può versare un contributo per la Onlus Amore e Libertà di don Matteo Galloni. Per aiutare i bambini del Congo. Mi viene dal core, questo show. Come quello di Ferragosto, al Laghetto dell'Eur, organizzato dal Comune per gli anziani. Però dei romani si dice pure che sono attaccabrighe. Bè, non si fanno passà la mosca sotto ar naso. Se uno je dà uno schiaffo, loro gliene ridanno tre. Come ha fatto Totti co quelli della Lega. Gli ha risposto per le rime, il Pupone. L'hanno presa male. Borghezio e compagnia hanno poco da ridire. Totti è un romano altruista, schietto. E poi è l'Elettricista. Che vuol dire, Totti l'Elettricista? Che quando scende in campo accende la luce. Poi c'è il disco rotto di Roma ladrona. Ancora? Non sanno più che dire. Annaspano. Perdono colpi, guardi con l'Expo.... Come, loro che lavorano tanto non riescono a organizzare bene la grande occasione? E continuano a sostenere che siamo noi gli scansafatiche, i mangiapane a tradimento. E no, lavoriamo più di loro. Ma senza farla troppo lunga. Ohibò, qui lei mi sembra un tribuno. Per caso vuole fare politica? Macchè, so' timido. Però sono sicuro che, se creiamo davvero il Movimento per Roma, il partito della Capitale, bè, gli facciamo il mazzo, ai lumbard. Lo scriva bene sul suo giornale, uno dei quattro che leggo tutti i giorni. Grazie per la fedeltà. E gli altri tre quali sono? Il Messaggero, Il Corriere dello Sport e il Romanista. Insomma, tutti giornali della Capitale, mica il Corrierone... Torniamo alle differenze tra romani e milanesi. Noi solo pregi, loro solo difetti. Siamo simpatici, e loro ci sformano. Siamo aperti, generosi. Loro stanno sempre a fa' i conti. Come il discografico mio, che è del Nord. Brava persona, però non smette mai de fa' tre per tre. Però deve ammettere che il romanesco s'è involgarito, e che di coatti ce ne stanno, in giro. Sì, ma sono dovunque, pure ad Abbiategrasso. Non è un problema di città, è un problema di tempi. L'ha capito da anni Carlo Verdone, che infatti a certi tipi ha fatto il verso. Lui racconta un fenomeno, gli altri ci sguazzano dentro. Allora, spari i nomi del suo Olimpo romanesco. Verdone l'ho detto, Proietti senza meno. E siamo all'oggi. Poi nel catalogo metto Belli, Trilussa, Petrolini, Anna Magnani, Checco Durante. E Aldo Fabrizi, il mio maestro. Facciamo il gioco delle citazioni. Cominciamo con Petrolini. Il suo sarcasmo era la capacità di fotografare la realtà. Ecco un aneddoto. Una donna lo fermò fuori al teatro tendendo per mano il suo ragazzo e, strusciandosi, gli disse: «Petrolini, quanto è bravo, vorrei che 'sto pischello facesse la strada che ha fatto lei». E l'attore la fulminò: «Signora, vorrei fare io la strada che ha fatto suo figlio». La Magnani. Un truccatore che la preparava per il set le disse: «Guardi che lavoro, signora. Le ho levato tutte le rughe». E Anna: «A' disgraziato, c'ho messo tanto a fammele venì». Trilussa. Senta questi versi di «La strada mia»: «La strada è lunga, ma er de più l'ho fatto. C'ho er core in pace e l'anima serena del savio che s'ammaschera da matto. Si me sfrulla un pensiero che me scoccia me fermo a beve e chiedo aiuto ar vino. Poi me la canto e seguito er cammino cor destino in saccoccia». Checco Durante. Un passaggio da una poesia che improvvisò una volta che venne a trovarmi al Puff. «Fate der bene che la vita è breve. C'è più gioia ner dà, che ner riceve». E adesso non mi dite più che semo coatti.