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Turisti

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«Che bella estate amore mio / ci sei tu, ci sono io / ma che c'importa dell'altra gente / ci siamo noi»: così faceva una vecchia canzone del sublime sanscemista Marco Carena. E che bella estate sì, stare soli a Roma quando la canizza si quieta, le strade si sgombrano, gli scooter vanno in vacanza e tutti quanti noi, noi insomma che restiamo nella metropoli dove l'asfalto cuoce di meno, possiamo dire per consolarci che «vuoi mettere Roma ad agosto?». Metti qui, metti là, metti che giri in centro e, oltre a tu e io, trovi che la scomparsa improvvisa di milioni di romani funziona come una gigantesca cartina di tornasole, che mette meglio in risalto un'altra figura, presente tutto l'anno ma in misura maggiore nel periodo estivo, a cui siamo tutti abituati ma a cui non abbiamo mai fatto davvero l'abitudine: il Turista Asessuato, detto Tur-A-Sex. Quando Remo Remotti ha cantato, anzi graffiato il suo addio a Roma, alla Roma «dei castagnacci, dei maritozzi con la panna, senza panna, dei mostaccioli e caramelle, dei supplì, dei lupini, delle mosciarelle...» più contumelie varie, ha scordato questo singolare oggetto d'arredo urbano semovente, che dell'idea della Roma sonnolenta e caciarona s'innamora a prescindere: si consiglia di inserirlo in eventuale remix. Ogni città, vedete, ha il turismo che si merita. E Roma, da quando la macchina paradisiaca e infernale del Giubileo dieci anni fa ha messo in moto il gigantesco esodo verso la Città Eterna, le vagonate di turisti sbarcati qui con ogni mezzo, si merita evidentemente questa tipologia turistica, in un andazzo che la proliferazione dei voli low cost ha reso quasi intollerabile, moltiplicandola all'infinito, sparpagliandola come una marea informe e lenta, una presenza ubiqua che, pur girando di solito a piedi, fa massa critica peggio del traffico congestionato di un qualsiasi lunedì invernale. Intendiamoci, quando si parla di Turista Asessuato, del Tur-A-Sex, si intende che l'asessualità non sia una caratteristica relativa ai costumi privati del turista, alle sue abitudini di accoppiamento, ma riguarda la sua immagine, il suo look, il suo modo di vestire, di parlare, di porgersi e presentarsi, in qualità di cliente o di avventore o di acquirente, il suo modo di infilarsi il tovagliolo e porgere il cucchiaio, di dare le mance o comprare un paio di pantaloni. L'asessualità è ciò che, negli occhi del romano che guarda, cancella qualsiasi differenza, maschi e femmine pari sono. Tutti uguali. Le eccezioni ci sono, va da sé, ci sono i mandrilloni americani che soggiornano sulle colline di Montemario o in qualche albergo chiccoso del centro, talvolta accompagnati da mogli più giovani di trent'anni, i residui di giapponesi sostituiti spesso dai Tur-A-Sex coreani, i russi cafonissimi che si vestono come delle caricature di D&G o Cavalli: ci sono, è che in centro li vedi raramente, anzi quasi mai. Torniamo al Turista Asessuato. Per prima cosa, ecco, veste in maniera identica a prescindere dal sesso, dall'età, e dalla condizione sociale di partenza. Per intenderci, anche chi ha l'occhio lungo e sa fare veloci catalogazioni, difficilmente sarà in grado di distinguere, gironzolando per le strade romane profumate d'estate, tra un operaio tedesco e un capitano d'industria, un inglese oxoniano e un idraulico polacco, un gitante slovacco e un ubriacone da pub di Manchester, perché tutti quanti esibiranno, con scarse variazioni sul tema, la medesima tipologia d'abbigliamento. Il must del Tur-A-Sex è eterno più di San Pietro: sandali ai piedi, possibilmente di foggia scadente, omaggio perverso a quell'idea di comodità che non tiene conto né degli abituali canoni estetici né della pena che infliggiamo all'innocente spettatore di mettere in bella vista alluci valghi, unghie incarnite o lunghissime, calli laterali. Talvolta il sandalo è sostituito da imitazioni scarsamente riuscite delle sneakers più blasonate o, peggio del peggio, mocassini (e scordatevi le Car Shoe o le Tod's, qui si va sulla cineseria di massa) accompagnati da un'altra icona del Turista Asessuato, il calzino bianco, il famigerato pedalino ad altezza calcagno o, nelle guise più recenti, il terribile fantasmino da jogging che spunta impertinente dai bordi del summenzionato mocassino, o del sandalo. Ecco, si dice che non c'è nulla di più ridicolo di un uomo nudo coi calzini, figurati cosa può essere una donna in Birkenstock e fantasmino bianco, altrimenti detto – come si scherzava un tempo – White Calz. Salendo per li rami, il Turista Asessuato (che, aperta parentesi, mai e poi mai compra in una delle boutique griffate del centro: chessò, vai da quegli elegantoni di George's e loro ti confessano, mogi, che neppure in tempo di saldi furiosi i Tur-A-Sex comprano Grifoni o Boglioli, tanto c'è il negozietto accanto che regala l'illusione dell'acquisto very romano, tanto c'è scritto “made in Italy” da qualche parte (e chi se ne frega della qualità) calza di solito pantaloncini corti, con o senza tasconi, e poco importa se tra il sandalo e il calzoncino spuntano peli ispidi o cellulite alle ginocchia, canottiere o magliette monocolori, e di colori che ricordano, anche quando si sforzano di evocare le tonalità pastello, le uniformi da riposo della Ddr. Se, raramente, osano la cravatta, e la cravatta è immancabilmente un dubbio regimental o un'orrenda fantasia floreale, non portano la giacca, e – nell'articulo mortis del buon gusto – la accostano a camicie a mezze maniche, bianche slavate o a righine improponibili, per di più muniti di tracolle o borselli. Quando la giacca c'è, il Tur-A-Sex ci casca dentro, ci naviga. E sui cappellini, o sulle gonne, è meglio sorvolare. I Tur-A-Sex non girano mai da soli, ma nel Gruppo Turistico, incarnazione umanoide del torpedone, definizione plastica del concetto di massa amorfa, dimostrazione della tesi di Bauman sulla società liquida. Le strade sono piene di comitive coi cartelloni, il microfonino portatile con la guida urlante, l'ombrellino e una sistemazione in fila indiana di modo che la fila non si scompone né quando circola appiccicata a un muro di qualche viottolo del centro, né quando si scontra con altre comitive di Tur-A-Sex creando ingorghi pazzeschi e scatenando bestemmie in chi invece cammina per andare a lavorare o semplicemente rivendica il suo posto dignitoso nella città dove risiede e non pascola, né quando si intigna ad attraversare la strada pure col rosso, uno dietro l'altro persino tenendosi per mano, perché il Tur-A-Sex (gliel'avrà detto la guida) soffre della fobia di perdere il suo simile, di restare solo al centro di Roma. Il Turista Asessuato non mangia, si nutre. Si nutre di giri turistici precotti, si prende le insolazioni sui bus turistici che affannano il centro. Si nutre di finti stornellatori, di finte schitarrate, di improbabili centurioni, di grattacheccari velenosi, di questa Disneyland arraffazzonata appositamente costruita per lui e che tutti siamo costretti a subire. E si nutre di ciò che lui ritiene essere il cibo romano, quand'invece si tratta di evidenti caricature di carbonare (consumate anche alle tre di pomeriggio con quaranta gradi), panne&prosciutti, scaloppine a suola e cosiddette pizze che in realtà, lo sa anche chi le spaccia per roba genuina, sono dischi volanti conditi con “formaggi per pizza” che un romano ti tirerebbe appresso tipo frisbee. Il mistero del Tur-A-Sex, però, è che mangia a qualsiasi ora: per capirci, una simil-amatriciana con birra alla spina trangugiate alle cinque di pomeriggio dove le contiamo, per il pranzo o la cena? Il Tur-A-Sex, infine, rischia di convincersi che Debora e Romina parlino il dialetto romano. Ma questa, be', è un'altra storia.

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