Mafalda, ultimo atto
Nell'estate1943 i nodi vennero al pettine sia per l'Italia che per la Bulgaria. Riferendosi al suo regale consorte, la Regina Giovanna ha scritto: "Per quanto concerne l'intenzione di mio Padre, il Re Vittorio Emanuele, di liquidare la dittatura di Mussolini, si può credere ch'egli sapesse o sospettasse qualcosa. So sicuramente ch'egli era al corrente delle intenzioni del Reggente Horthy e di Re Michele di Romania di rompere la loro alleanza con l'Asse prima della sconfitta tedesca, cercando contatti diretti con gli anglo-americani. Con grande discrezione incoraggiò questi progetti. Ma gli informatori di Hitler penetrarono sino al segreto ermetico di conversazioni avvenute fra i tre Capi di Stato...". Mentre Re Boris cercava di uscire dall'orbita dell'Asse, Hitler voleva che la Bulgaria prendesse finalmente parte alle operazioni militari. Di qui, il 15 agosto 1943, a Rastenburg, l'incontro drammatico (che seguiva quelli dell'aprile e del giugno precedenti) tra il Re e il Führer, che accusò Boris di essere "un furbo e un ingrato", di giocare "lo stesso doppio gioco della Casa di Savoia" (...). Replicò Boris: "Mio padre fu travolto col popolo bulgaro nella catastrofe degli Imperi centrali. Io ho il dovere di evitare con tutte le mie forze questa disgrazia. E poiché avete accennato alla dinastia italiana con la quale sono imparentato, vi annuncio che chiederò un armistizio agli alleati il giorno dopo che lo avrà fatto l'Italia". (...). Anche alla luce del segreto di cui furono circondate le trattative dell'armistizio, è da ritenere che non vi siano state precise comunicazioni del Re d'Italia al Re dei Bulgari e che quest'ultimo semplicemente intuisse ciò che tutti si aspettavano. Men che meno si può pensare alla Principessa Mafalda, partita il 28 per Sofia, alla notizia dell'aggravarsi delle condizioni del cognato, per essere vicina alla sorella prediletta, come latore di chissà quali messaggi politici. In realtà Vittorio Emanuele III fece pervenire a Sofia un messaggio, ma di ben diverso tenore (...): "In relazione attuali condizioni salute Re Boris, Sua Maestà desidera che tu riservi ogni possibile assistenza a Sua Maestà la Regina Giovanna, particolarmente nel caso in cui eventuali pericolosi sviluppi situazione interna consiglino suo rientro in Italia, accompagnata eventualmente dai figli. A tale scopo dovrai se necessario richiedere anche interessamento codeste autorità tedesche". Successivamente Mafalda non fu avvertita di rientrare in fretta a Roma, per conservare il segreto sulla firma dell'armistizio; del resto, come ormai ampiamente chiarito da tutta la storiografia, a Roma si pensava che esso non sarebbe stato annunciato prima del 12 settembre, per cui la Principessa avrebbe avuto il tempo di rientrare in Italia. È certo possibile che Hitler e i tedeschi fossero invece effettivamente convinti che il viaggio di Mafalda a Sofia avesse secondi fini politici. La sua freddezza verso il regime nazista e la sua ripugnanza per Hitler erano certo risapute e le valsero l'epiteto di "animale intrigante" da parte di Goebbels. Nel maggio 1943 Hitler così si era espresso su di lei, rivelando tutta la volgarità del nazismo: "Dovevo star seduto vicino a Mafalda. Che mi importava di Mafalda?... Le sue doti intellettuali non erano tali da affascinarvi, per non parlare poi del suo aspetto". L'attribuzione a Mafalda di un ruolo politico fu probabilmente dovuta anche alla missione da lei svolta nel maggio 1941 a Bad Homburg, su incarico del Re Vittorio Emanuele III, per convincere il cugino Michele Petrovic Njegosch, nipote della Regina Elena, a salire sul trono avito del Montenegro, dove si progettava la restaurazione della monarchia, a seguito della ritrovata indipendenza dopo lo smembramento della Jugoslavia. L'Albania unita alla Corona d'Italia, la Croazia assegnata al Duca di Spoleto, la restaurazione in Montenegro della dinastia della Regina Elena, la ventilata candidatura del Duca d'Aosta al trono ungherese: certo agli occhi di Hitler i Savoia dovevano apparire come un ostacolo all'influenza tedesca nei Balcani. La caduta del fascismo e poi l'armistizio, la consapevolezza che anche i sovrani di Bulgaria e di Romania e il Reggente di Ungheria intendevano uscire dal conflitto erano la conferma che non ci si poteva fidare delle monarchie. (...). Non va infine dimenticato che il marito della Principessa Mafalda, il Principe Filippo, Langravio d'Assia, era praticamente agli arresti dall'indomani del colloquio dell'aprile 1943 durante il quale aveva espresso a Hitler le valutazioni sue e del Principe di Piemonte sull'andamento della guerra, ispirate dal pessimismo e dalla necessità di porre termine alle ostilità prima di una catastrofe definitiva. Ma, pur considerando la paranoica furia dei nazisti verso la monarchia italiana, come spiegare le folli accuse lanciate da Goebbels nel suo diario del 10 e 11 settembre 1943: "Il Führer mi ha detto che si deve ormai considerare cosa certa che Re Boris sia stato avvelenato... Non scarterei affatto la possibilità che il veleno sia stato somministrato da italiani. Dopo il loro recente tradimento sono disposto ad accreditare qualsiasi cosa al regime di Badoglio e agli italiani in genere... È infatti sospetto che la principessa Mafalda, la peggiore carogna di tutta la casa reale italiana, sia stata a Sofia per alcune settimane prima della morte di Re Boris". La morte di Re Boris è ancora in parte avvolta nel mistero: ammettendo l'avvelenamento, resta da stabilire chi ne furono i responsabili, i tedeschi o i sovietici, agendo direttamente o attraverso i comunisti bulgari. Il fatto che la malattia improvvisa e misteriosa del Sovrano si manifestasse dopo la visita a Hitler e dopo il viaggio effettuato su un aereo germanico ha indirizzato i sospetti verso i tedeschi, che trassero vantaggio dalla morte del Re, intenzionato a svincolarsi dall'Asse e sostituito invece da un Consiglio di Reggenza, data la minore età del giovane Re Simeone II, più favorevole alla Germania. Ma la regola del cuiprodest, in una prospettiva a più lungo termine, vale in misura maggiore per i sovietici, che certo poterono imporsi più facilmente in Bulgaria nel 1944-45 in assenza della figura esperta e carismatica del Sovrano (...). Dal canto suo la Regina Giovanna afferma che la verità è nascosta negli archivi sovietici58. Radio Londra accusò subito i tedeschi della morte di Boris; Berlino replicò accusando Mafalda. Puro delirio? Applicazione della tattica propagandistica di Goebbels per cui la credibilità di una notizia aumenta in misura diretta della sua maggiore falsità? Classica tattica del colpevole, che non nega il crimine, ma ne attribuisce ad altri la responsabilità? Certo è che Mafalda di Savoia, Langravia d'Assia, rimase presa in un ingranaggio politico al quale era del tutto estranea. Si pensi all'ingenuità della sua risposta a chi la invitava a non recarsi a Roma, ormai occupata dalle truppe germaniche: "Sono sposata ad un principe d'Assia e pertanto non temo i tedeschi". Attirata con l'inganno nell'ambasciata tedesca, con la falsa notizia di un appuntamento telefonico con il marito, Mafalda, rientrata a Roma per incontrare i figli, cadde nella trappola preparata da Herbert Kappler e venne deportata a Buchenwald, dove trovò la morte. Estranea alla politica, catturata a causa dell'amore per la famiglia, Mafalda di Savoia è per questo ancora più vicina al nostro cuore.