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Té, frittate e le passeggiate a Villa Borghese

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«Inquesto studio ho passato quasi tutta la mia vita: il mio lavoro mi consentiva di stare in casa, seguire i figli, organizzare il ménage. Io e la mia macchina da scrivere eravamo sufficienti a svolgere il mio mestiere», dichiarava. Chiamava la sua professione «mestiere». Non era un vezzo, ma la prova della sua capacità di reggere sulle sue spalle di artigiana il nostro cinema migliore. Preziosi i suoi ricordi privati come la rievocazione delle domeniche in casa Cecchi, durante la guerra: «I personaggi più illustri della letteratura si davano convegno da noi, fin dal primo pomeriggio, per parlare come strateghi delle vicende belliche, ma criticando tutto e tutti. La mamma dopo ore di conversazioni mi diceva: "Suso, son quasi le dieci di sera e non se ne vanno, mi sa che ci tocca fare due grandi frittate e farli mangiare qui”. E così davamo fondo a tutte le nostre provviste, accantonate con sacrificio”». Il cinema non aveva mai stravolto le sue abitudini: a Messa la domenica, la mattina a passeggio a Villa Borghese. Con Visconti si diedero sempre del lei. Eppure, diceva, con lui c'era «simbiosi mutualistica».

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