L'Aquila giovane oltre il terremoto Sa ridere e amare
L'amore ai tempi del terremoto. All'Aquila, quando, tra le macerie, c'erano solo le tendopoli. In mezzo la gente con tutta l'aria di voler ricominciare, anche se, molti, in lutto o privi dell'essenziale. Quelli che più di tutti tendono a riprendersi sono i giovani, i giochi, la musica e, com'è facile immaginare, gli amori, l'amore. Quello che ci vien proposto fra i primi è fra una ragazza di buona famiglia e un giovanotto che lì lavora. Però, lo si scopre presto, è rumeno e la ragazza, pur innamorata quasi subito, esita, scappa, la differenza fra loro le sembra troppo pesante, poi ci ripensa, pronta ad andare incontro a un lieto fine. L'altro amore è più complicato, le differenze lì sembrano solo minime, lei canta in un coro inni religiosi, lui si prepara a esibirsi in un gruppo che privilegia il jazz, però fra loro nascono presto fraintendimenti vari, con scontri, ripicche, rotture. Comunque anche qui ci si può aspettare il lieto fine. Attorno altre piccole storie, personaggi o molto colorati o addirittura sopra le righe, ( un nonno che vive su un albero, come nel "Barone Rampante" di Calvino, un prete che dice Messa in una tenda e che, per richiamare i fedeli, va a prendersi una campana nella zona proibita), con un alternarsi di situazioni, molte tristi, qualcuna comica all'insegna del "dobbiamo pur tornare a vivere". La morale del film in cui, solo qua e là sfiorando la retorica, si tentano le strade dell'ottimismo, fatte poi approdare in un finale in cui ogni personaggio troverà le soluzioni giuste. L'impresa se l'è assunta un esordiente, Giuseppe Tandoi, che ha studiato cinema proprio all'Aquila. Ha raccontato tutto in modo piano, disinvolto anche quando certi snodi narrativi scivolano nel facile, attento ai ritmi - pacati - e alla recitazione dei molti attori che ha chiamato a esibirsi di fronte alla macchina da presa. Più di tutti mi ha convinto Riccardo Garrone, il nonno sull'albero. Attento ad evitare la macchietta.