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Hemingway: "La corrida è l'arte che lega la vita alla morte"

La corrida

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Signor Hemingway, la Catalogna ha deciso di abolire le corride. Niente più matador alla Plaza Monumental di Barcellona. Immagino che per lei questa sia una tragedia? No, è la fine della tragedia, perché la corrida è un'arte simile alla tragedia, un flusso d'azione e narrazione che lega i temi della vita e della morte. La Spagna da molto tempo ha smesso di essere tragica per divenire solo comica. Cosa c'è di tanto artistico nell'uccisione di un toro con la spada? Vidi la mia prima corrida a Siviglia, nell'estate del 1923 ... lei conosce Siviglia? Sì, la conosco, ho assistito a un paio di corride alla Plaza de Toros de la Maestranza. Bene. Quindi sa di cosa parlo. Siviglia è una straordinaria città e la sua Plaza de Toros esiste dal 1730. Ero là con un paio di amici, William Bird che scriveva per la "Three mountains Press" e Robert McAlmon, scrittore ed editore della "Contact Editions". Cosa accadde? Mentre salivo le scale dell'arena pensavo: rimarrò nauseato. Ma non ero preoccupato per quello che sarebbe accaduto ai tori, quanto per la sorte dei cavalli che venivano incornati. Quando la corrida finì, capii che mi trovavo di fronte a una perfetta allegoria della vita e della morte, a una vera e propria tragedia divisa classicamente in atti. Lei ha raccontato il mondo della corrida in quello che per molti è il suo capolavoro, Morte nel pomeriggio. Alcuni dicono invece che si tratta non di un romanzo, ma solo di un ottimo saggio di tauromachia. Chi si sbaglia? Ah, che novità per le mie orecchie. Quando scrissi Fiesta, qualcuno disse che aveva la struttura del rituale di una corrida. Risposi al buon George Plimpton sulla Paris Review che chi sosteneva questa idea era un po' coglione. Dopo tanti anni, penso che ci risiamo: sono tutti un po' coglioni. È passata molta acqua sotto i ponti. La Spagna è un paese diverso da quello che lei amava, la tradizione s'è indebolita e gli stranieri la ritengono una barbara usanza. La corrida è uno spettacolo per gli spagnoli, non per gli stranieri che appena entrano nell'arena fanno il tifo per il toro e faticano a comprendere il significato della corrida. Ogni passo che la modifichi per assicurarsi la loro approvazione, che non si otterrà mai, è un passo verso la sua soppressione completa. Lei scrisse anche che «da un moderno punto di vista morale, vale a dire da un punto di vista cristiano, l'intera corrida sia insostenibile; c'è senza dubbio molta crudeltà, c'è sempre pericolo, sia voluto sia inaspettato, e c'è sempre morte...». Ne è sempre convinto? Certo, quello è il punto di vista cristiano, il mio invece è sempre quello di un aficionado della corrida.  Che significa essere un aficionado? L'aficiòn è una passione che non si manifesta con un infantile entusiasmo per quel che accade nell'arena. È la consapevolezza della morte. Ho descritto l'aficiòn quando l'albergatore di Pamplona, Montoya, riceveva i toreri e aveva camere solo per quelli che dimostravano aficiòn, ne conservava le foto e le dediche. Degli altri rifiutava persino il ricordo. È il coraggio, certo, ma da solo non basta. Due cose sono necessarie a un paese perché ami le corride. La prima è che in quel paese vengano allevati tori e la seconda è che la gente s'interessi alla morte. Gli inglesi e i francesi vivono per la vita. Cosa c'è di bello nell'uccisione del toro? Nessuno oggi sembra disposto a cogliere quel che lei ha visto quando scriveva i suoi libri. Comprendo che per la gran parte dei suoi lettori tutto questo sia incomprensibile e indicibile. Ma le assicuro che non si può credere quanta intensità emotiva e spirituale e quanta pura classica bellezza può essere prodotta da un uomo, un animale e un pezzo di flanella scarlatta drappeggiata su un bastone. Viviamo in una società ipocrita che vuol vietare tutto ma consente il peggio. Si appiccicano etichette e avvertenze su ogni evento o cosa che costituisca il piacere, salvo poi consumarlo senza capirlo. È la stessa cosa che accade per il consumo di alcol e la corrida è come il vino, diventi un vero aficionado solo quando lo sai apprezzare con il palato. Chi ama la corrida, come chi ama il vino, se ne accorge praticamente subito, ma il vero amore viene con la maturità, con l'esperienza, quel bagaglio di passioni ed esperienze che rendono capaci di percepire la complessa trama che è quasi nascosta sotto la semplicità disarmante del gusto secco di un vino senza etichetta e senza fronzoli. Mi ha fatto venire voglia di tornare a Siviglia. Ci vada, non perda tempo con un vecchietto come me. E se ne sente il bisogno, scriva per il solo piacere di scrivere. La corrida non sopravviverà a lungo a questa Spagna.

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