Un monumento del paesaggio
Lecittà medievali avevano le mura per difendersi dagli attacchi militari, Littoria-Latina ha un canale per proteggersi da un solo nemico, l'acqua. È canale Mussolini, un'opera di landscape, un grande segno nel paesaggio dell'agro pontino, che diventa la porta d'accesso alla città di fondazione fortemente voluta dal duce che, nel 1932, affidò la redazione del piano regolatore e di molti edifici all'architetto quarantenne Oriolo Frezzotti su incarico dell'Opera Nazionale Combattenti. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che l'acqua ancora oggi può «impaludare» la zona e le idrovore fanno un lavoro continuo che aiuta a rendere questo territorio un giardino, dove si raccolgono i kiwi, le angurie e i girasoli, dove le palme, sopravvissute al punteruolo rosso, ricordano i paesaggi del nord Africa, dove gli eucalipti, sopravvissuti alle palme, profumano l'aria. Ma serviva il libro di Antonio Pennacchi per far sapere che abbiamo un «Canale Mussolini»? «Il problema di questa terra è di avere una storia così recente e singolare che si fa fatica a ritrovarla, immaginarla e il libro, oltre il valore letterario, servirà a creare una memoria possibile e visibile di queste zone», spiega l'architetto Massimo Rosolini, per 8 anni assessore all'urbanistica del comune di Latina. Dimenticate le fatiche dei pionieri? «Non da tutti. Come scrive Pennacchi, fu un popolo, una "nazione veneta pontina" che completò la bonifica e costruì il canale. Ma quella gente non scelse di venire qui, lo fece "per fame" e per far vivere un territorio, per difenderlo e valorizzarlo occorre amarlo. Nessuno di loro mise radici, le loro origini erano comunque nel nord, e questo posto è sempre stato considerato terra di tutti e di nessuno». Cosa ha di particolare questo canale? «Canale Mussolini ha un forte valore simbolico ma è anche un monumento naturale e artificiale, per forma e imponenza, che saluta chi arriva in città e si scopre visitando il territorio». Tecnicamente quale era la funzione di canale Mussolini? «Antonio nel suo libro ne dà una spiegazione chiarissima, da geografo, che mi ha lasciato piacevolmente stupito. Lui racconta l'ultima fase della bonifica interamente dedicata alla realizzazione del canale e ne illustra il funzionamento idraulico. Si tratta di un collettore delle acque che scendevano da nord, dai colli Albani e dai Lepini, e che dovevano arrivare al mare, ma trovavano un ostacolo insormontabile nella duna che caratterizza l'intera costa e che generava un catino di raccolta. Infatti, se già nel '700 c'erano stati i primi tentativi di bonifica di una terra di zanzare e bufale a nord dell'Appia con i tracciati delle «migliare», fu il canale Mussolini a sconfiggere la palude invincibile verso la costa. Un tracciato di 30 chilometri che va da sotto Ninfa a Foce Verde a creare una barriera per le acque che coincide con il territorio e dà vita all'Agro pontino». Un segno storico nel paesaggio? «Sì, una traccia che facciamo fatica a riconoscere e a ricordare... Il libro di Antonio avrà il merito anche di risvegliare un po' di curiosità verso altri segni come le fasce frangivento, i piccoli canali, lo spazio vuoto, la presenza di territorio agricolo in rapporto alla parte edificata». Il boom edilizio ha ferito questa provincia? «Questo territorio è passato dalla fase agricola a quella industriale, quando i contadini dei poderi sono diventati operai in fabbrica, impiegati e commercianti, i poderi sono stati venduti... Oggi è un territorio con alcune criticità, ma molte meno che altrove, è un territorio molto sano e salvabile, la densità territoriale è bassa, c'è spazio, a saperlo guardare si scopre la grande presenza di paesaggio». Insomma Canale Mussolini un vanto? «È il filo conduttore di questa terra, una presenza costante da amare e difendere, perché tutti gli strumenti urbanistici naufragano se non c'è rapporto tra comunità del luogo e paesaggio», conclude l'indigeno Rosolini.