Pingitore e l'altra faccia del Duce
Mussolini nei luoghi di Mussolini. Con le parole e i dialoghi immaginati da Pier Francesco Pingitore. La notte in cui il Gran Consiglio del fascismo lo mette in minoranza, il Duce torna nella sua dimora di Villa Torlonia e incontra gli affetti più cari: la moglie Rachele, il fratello Arnaldo e Claretta Petacci. Tra storia e finzione da palcoscenico, il ritratto di un uomo che prende coscienza della propria sconfitta. Sotto i riflettori l'altra faccia di Mussolini. Mussolini con gli occhi di Mussolini. Un uomo al termine della parabola di Duce, costretto ad affrontare la sconfitta e un futuro pieno di insidie. La notte del 25 luglio '43 Mussolini fu messo in minoranza dal Gran Consiglio del fascismo. Nulla sarebbe stato più come prima. A quella notte si è ispirato Pingitore, autore e regista di «Quel venticinque luglio a Villa Torlonia», in scena proprio negli ambienti di Villa Torlonia. Pingitore immagina l'altra faccia del Duce. Pier Francesco Pingitore, perché ha deciso di mettere in scena l'ultima notte trascorsa da Mussolini a Villa Torlonia? Quando ho saputo che la romana Villa Torlonia ospita anche spettacoli mi è venuto in mente di far tornare Mussolini nei luoghi in cui è vissuto realmente. Perché descrive proprio i momenti della caduta del regime? Volevo far emergere la condizione psicologica di Mussolini e quella mi è sembrata la fotografia più adatta. La notte del 25 luglio '43 il Duce non è più tale. Prende coscienza della propria caduta che segue una guerra disastrosa che durava da tre anni. Della quale, però, lui non era l'unico responsabile. O sbaglio? È così. Ma come spesso accade, nei momenti di difficoltà molti si tirano indietro e ti lasciano solo. Cosa succede in quell'ultima notte a Villa Torlonia? Dopo la riunione del Gran Consiglio del fascismo Mussolini torna a casa e fa una serie di incontri più o meno immaginari. Chi incontra? Ho immaginato che possa aver visto sua moglie Rachele, interpretata sulla scena da Lucianna De Falco. E poi suo figlio Bruno morto da un anno (Andrea Marrocco), l'intellettuale ebrea Margherita Sarfatti (Laura Troschel), il fratello Arnaldo morto dieci anni prima (Mauro Mandolini) e Claretta Petacci (Karin Proia). I dialoghi sono reali o nascono dalla sua fantasia? In realtà i dialoghi messi in scena non sono mai stati pronunciati. Si basano su impressioni della mia infanzia e sono stati rielaborati sulla scorta dei libri che ho letto, dei ricordi e della mia esperienza. Cosa ricorda di quegli anni? Ero bambino ma ricordo perfettamente la mattina del giorno dopo la caduta del regime. Quando il calzolaio sotto casa tirò fuori un ritratto di Mussolini e lo spaccò. O il busto del Duce trascinato dalle camionette e oltraggiato. Quale Mussolini emerge dal suo spettacolo? Ne esce una persona sconfitta. Un personaggio shakespeariano di grande spessore interpretato magistralmente da Luca Biagini. Perché ha sentito la necessità di affrontare un argomento così controverso? Perché ho la netta sensazione che quegli avvenimenti furono decisivi per gli italiani. Sono cose con cui dobbiamo fare i conti. Cosa intende per fare i conti? Dopo quasi settant'anni da quegli avvenimenti, oggi abbiamo la distanza temporale necessaria per fare un discorso pacato su quell'epoca. È passato tanto tempo e le passioni politiche si sono attenuate nella loro virulenza. Dobbiamo conoscere quel passato perché ci appartiene e ora lo possiamo conoscere con più serenità. Si è mai chiesto qual è la modernità di un personaggio come Mussolini? È riuscito a mobilitare le energie del popolo italiano. Cosa intende per mobilitare? Spesso si riduce tutto a un discorso demagogico ma durante il Ventennio c'era un fervore di opere e lavoro molto interessante. Tutta la vicenda mussoliniana è pervasa da questo fervore da cui è stato contagiato anche il popolo italiano. La nazionalizzazione delle masse riuscì a trascinare gli italiani all'interno dello Stato. A mio avviso è questo il dato più importante. Si può parlare di una vera e propria eredità? Di eredità è difficile parlare perché Mussolini è vittima di una sorta di damnatio memoriae. Ha conquistato il potere in modo non del tutto democratico, anche se ha rispettato alcuni aspetti formali. Politicamente è improponibile ma ci sono alcuni aspetti della sua vicenda molto interessanti che andrebbero affrontati con pacatezza.