Vacanze intelligenti tra aforismi e manuali per diventare ricchi
Tempod'estate, tempo di aforismi. Ci sono frasi che pronunciate al momento giusto, risultano più dirompenti di un uragano. Cosa c'è di meglio di un aforisma per far breccia su una platea assopita dai soliti blablabla? Il motto di spirito, perla di fulminante saggezza, diventa strategico se c'è anche l'intenzione di conquistare qualcuno in particolare. Così se in vacanza la noia vi assale ma la pigrizia vi impedisce di immergervi nella lettura di qualche buon libro di una certa consistenza, optate per una raccolta di aforismi. Nella libreria di casa ho trovato un libriccino che andrebbe proprio a pennello. Peccato che è una vecchia edizione (un Oscar Mondadori del 1986!) ed è praticamente introvabile. Si tratta di «Aforismi» di Oscar Wilde, scelti e tradotti da Alex Falzon. Chicca nella chicca: l'introduzione è firmata da Giulio Andreotti che sul massimario estratto da Falzon (una certosina spulciatura tra tutte le opere del grande drammaturgo inglese che non ha mai pubblicato alcuna antologia di aforismi) sofferma la sua attenzione sui motti di carattere politico. Del genere: «L'autorità è sempre degradante per chi l'esercita e per chi la subisce» oppure «La democrazia significa semplicemente far bastonare il popolo in nome del popolo». Divertito, piacevolmente sorpreso dalla capacità «di sintesi di un modo lineare di concepire i valori correnti ponendosi all'antitesi della pudica riservatezza vittoriana» il senatore Andreotti si scopre così ammiratore di Wilde «pur avendo letto solo qualche pagina» dei suoi scritti. Gustosi, arguti e illuminanti gli aforismi di Wilde. In questa sede diamo solo due piccoli assaggi sull'educazione: «Agli esami gli sciocchi fanno le domande a cui i saggi non sanno rispondere» e anche «l'istruzione è cosa ammirevole ma ogni tanto ci farebbe bene ricordare che non si può mai insegnare quel che veramente vale la pensa di conoscere». Comunque di pubblicazioni di aforismi wildiani ce ne sono altre, curate da differenti case editrici, come ad esempio Newton Compton. In libreria, inoltre, è uscito soltanto da due giorni «Divagazioni sulla felicità» (Robin Edizioni) un breve testo firmato da un misterioso Oscar Fingal e pubblicato dopo la prima guerra mondiale a Milano. Sembra che in realtà sia stato scritto invece da Wilde poco prima della morte avvenuta il 30 novembre del 1900. Ma le opinioni dei wildiani convinti sono discorsi. Cambiamo genere e passiamo a un classico dal titolo molto accattivante «La scienza del diventare ricchi» di Wallace D. Wattles. Attenzione non è il solito manualetto da leggiucchiare sotto l'ombrellone ma un pamphlet di tutto rispetto scritto ai primi del Novecento, in un rigurgito positivista, in un periodo di grande fiducia per le «magnifiche sorti progressive». È stato ripubblicato nel 2009 da Corbaccio editore, quindi è facilmente reperibile. In generale le teorie di Wattles, pensatore americano, sono un inno all'ottimismo. E in tempi di crisi e sfiducia per il futuro sapere che la ricchezza oltre ad essere una legittima aspirazione è anche un traguardo raggiungibile grazie ad alcuni correttivi ed accorgimenti non può che rallegrarci. In fondo non è difficile: basta seguire i consigli di Wattles ed avere, in generale, un atteggiamento più determinato, della serie «volere è potere». Comunque si diventa ricchi prima come immagine mentale (e su questo non ci piove). L'importante è che non restino solo delle buone intenzioni.