"Canto la fede di Lucia"
Noemi Smorra, lei interpreta Lucia nell'opera moderna tratta dai "Promessi sposi", che ha debuttato il 18 giugno a San Siro. «È uno di quegli incontri che si sognano e che non sai se arriveranno mai. Come l'amore vero. Una fortuna incredibile che sia capitato proprio nel momento in cui stavo crescendo come attrice, come cantante, come persona. Ci sono legami che risalgono ai tempi della scuola con questo personaggio così etereo, tenero, malinconico e forte, gioioso. Un regalo divino». San Siro, il musical scritto da Pippo Flora, con regia e testi di Michele Guardì. Renzo è Giuseppe Galatone. Ci sono anche Giò Di Tonno e Lola Ponce: in coppia vinsero Sanremo. «Per coloro che amano il teatro musicale e per quelli che frequentano lo spazio straordinario degli stadi il 18 giugno è stata una data resa storica dal fatto che ad essere rappresentato è stato proprio Manzoni. E l'idea che io possa aver incarnato l'ideale manzoniano di fede e di speranza mi riempie di orgoglio». Chi è Noemi Smorra? «Una ragazza di 26 anni, cresciuta a Roma. Ho iniziato ad amare la musica e il teatro in tenera età. Da 12 anni faccio questo lavoro, tra fatiche e soddisfazioni, e mi sento sempre tra le nuvole, proprio lì dove intervengono i sogni a farci ragionare e sorridere. Vorrei andare avanti senza tradire me stessa e senza correre. Vorrei vivere cantando e recitando, e magari un giorno poter essere talmente preparata da concepire una regia». La sua infanzia... «È stata felice: ho avuto una famiglia numerosa, amorevole, attenta ai miei primi passi. Mi svegliavo ascoltando mio padre che suonava la chitarra. Era assistente di volo, e quando tornava provavo una gioia indescrivibile, come rinascere. E poi tanti viaggi in giro per il mondo». Poi la nascita di una sorella... «Sì, un miracolo. Una compagna di giochi e di liti: una miscela esplosiva, un carattere che ho amato sin dai suoi primi sorrisi mentre facevo finta di allattarla. Avevo solo 5 anni». E sua madre... «Il mio sostegno nella vita e nella carriera: mi ha incoraggiato nel teatro, con dolcezza e attenzione mi ha portato a scoprire che dentro avevo un fuoco. Mi ha insegnato quanto sia prezioso l'ottimismo». Suo padre? «Il maestro, il chitarrista magico ai miei occhi di bambina. Faceva commuovere mentre suonava. È stato presente e affettuoso, mi ha fatto respirare il folklore geniale di una Napoli nascosta e viva». I nonni? «Darei tutto ciò che possiedo per poter cantare per loro un attimo. Li ho pensati nella sera di San Siro. Una coppia straordinaria, i loro valori sono i miei». Quali sono i suoi valori? «La perseveranza, la fede nella parte luminosa dell'anima. l'ottimismo, l'allegria, la generosità, la condivisione, l'amore». E la fede? «Una questione diversa dall'essere religiosi: una luce che si ha dentro e si scopre attraverso l'arduo cammino dell'esistenza». La sua bellezza? «È un dono, non si conquista e non si guadagna. Sarebbe ipocrita dire che non conta, è come una foderina dei quaderni delle elementari, sta a noi poi scriverci dentro delle belle pagine, possibilmente in modo corretto». Pensa di avere tanto talento? «Il nostro dovere è utilizzare al meglio le capacità ricevute. Per restare in tema di fede, Gesù esorta l'uomo in tal senso nella parabola dei talenti». Tutt'altro discorso per l'amore? «Ahi, l'amore. Per esso si fa pace e guerra. Diceva Catullo: odio e amo. Adoro a volte tormentarmi». C'è nella sua vita il suo Renzo? «C'è stato, almeno ho creduto che lo fosse ma trovare Renzo in questo mondo in corsa è difficile». La recitazione è una terapia? «No una vocazione». Manzoni? «Energia intellettuale, un'icona della letteratura italiana. Certi personaggi mettono soggezione e ci sente quasi indegni di commentarli». Il palcoscenico è un campo di battaglia? «Sul palco si praticano battaglie che possono definirsi divertenti. A posteriori, però». Come quella di San Siro. «San Siro la più prestigiosa. Ma il campionato è iniziato da poco e chissà...».