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Pavolini e il premio Strega "Non cambia mai, come l'Italia"

Lorenzo Pavolini, in finale al Premio Strega con il libro

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Il libro che per vent'anni non ha voluto scrivere. Il libro che tanti gli chiedevano di scrivere. Con «Accanto alla tigre» Lorenzo Pavolini è entrato nella cinquina dello «Strega», che tra cinque giorni, il primo luglio, premia il vincitore. È una sorta di Davide contro Golia, Pavolini. Lo pubblica il piccolo, indipendente Fandango, gli altri quattro in gara sono dei grupponi editoriali Mondadori, Rcs, Feltrinelli e Mauri Spagnol. Ma quel che affascina, di «Accanto alla tigre», è che ci ritroviamo una storia con la quale tutti abbiamo a che fare. L'autore si confronta con la figura del nonno, il gerarca Alessandro Pavolini ucciso a piazzale Loreto con Mussolini e la Petacci. Il nipote cerca la verità su quel protagonista dalle tinte tutte scure, seppellito dal giudizio della storia. Le cerca attraverso un gruppo di amici e interlocutori trasversali, che lo pungolano a parlare: Fulvio Abbate e Antonio Pennacchi, Enzo Siciliano, Aurelio Picca, l'amico Uri Coen.   Pavolini, quanto scrivere di suo nonno ha spianato il suo percorso personale? Mi ha aiutato non solo scrivere il libro, ma pubblicarlo. E vederne le reazioni. Il confronto, la ricerca all'interno della famiglia sono stati importanti. Ma essere contattato da sconosciuti che volevano raccontare la loro storia, che mi hanno scritto o telefonato - sì, telefonato, perché sono nell'elenco e non ho un blog - mi ha fatto capire di aver fatto uno scatto in avanti. Con loro è stato un balzo collettivo per diventare adulti. Rispetto ai padri, alle famiglie. Racconti di qualcuno di loro. Una signora toscana, figlia di un soldato morto sul Don, nella campagna di Russia. Volontario fascista, operaio. Lei pure operaia, comunista per tutta la vita. Quando nell'89 hanno aperto gli archivi dell'Armir ha saputo dov'era la fossa comune nella quale era stato seppellito il padre. Da lì ha ripercorso la storia, ha letto Zangrandi, si è riappropriata della sua identità. Il papà l'aveva concepita durante una breve licenza. È morto senza sapere che era nata.   Che le hanno insegnato questi incontri? Che il 98 per cento degli italiani hanno avuto parenti fascisti. E devono fare i conti con il fascismo anche se sono lontani anni luce dalla destra. Oltre le ideologie, hanno riconosciuto la possibilità di rivedere elementi della cultura di destra. Di scavare in tabù, come la Repubblica di Salò. Con questo libro ha conosciuto meglio il gerarca Pavolini? Guardi, non ho scritto un romanzo familiare. Né ho voluto fare un bilancio dei suoi meriti e demeriti. I destini non si possono mettere sulla bilancia. Di lui si diceva che fosse intransigente, serio. Kappler nel suo rapporto lo definitì cortese. Ma certe testimonianze dirette emozionano. Una donna nel suo staff di Salò disse che Pavolini l'aveva salvata perché non la portò nella colonna che andava a Como. Altri raccontano del suo tormento durante il processo a Ciano, dell'entusiasmo all'avvio della Rsi, delle disperazione finale. Conosce Alessandra Mussolini? No, né mai ho incontrato nipoti di gerarchi. La mia famiglia ha vissuto riservata. Mia nonna frequenteva le vedove dei notabili fascisti. Ma mi ha portato solo una volta alla messa del 25 aprile in San Marco, a piazza Venezia. Ed ero piccolo. Ha avuto difficoltà a far pubblicare «Accanto alla tigre»? Non per l'argomento ma per il genere. Non è un romanzo familiare né storico. Questo non piace ai mega gruppi, abituati a scegliere secondo generi definiti, così in libreria il titolo finisce nella fila giusta. Fandango invece esce volentieri dagli schemi. E andare controcorrente alla fine paga.   Ora ha riscosso la finale dello Strega. E lei è curiosamente in gara con Pennacchi, un "personaggio" del suo libro. Ne sono contento. È uno degli interlocutori nella ricostruzione della figura del nonno, uno di quelli che mi ha chiesto di scriverne. E poi con il suo "Canale Mussolini" Pennacchi parla della storia dell'Italia senza essere, come me, né di destra né di sinistra. Chi ripercorre la storia deve misurarsi anche con madri, fratelli, amici che l'hanno macinata, la Storia. Chi vincerà al Ninfeo di Villa Giulia? Non credo Pennacchi, anche se voterei per lui. Sconta il fatto che Mondadori ha vinto per due anni di seguito. Segrate farà un passo indietro, puntando invece con lo stesso romanzo al Campiello. Quanto a me, ho l'euforia di partecipare da indipendente, che equivale a libero. Sono entrato in cinquina distanziato soltanto di 10 voti da Sorrentino. Alla fine prevarrà lui con il big Feltrinelli. Viviamo in un Paese tautologico, che non cambia mai. Perché l'editoria, e lo Strega, dovrebbero seguire altre regole?  

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