Animazione belga nel segno del naïf
Deipersonaggi che sono figurine di plastica poggiate su dei piedistalli ma che sono tutt'altro che statici. Si muovono, si agitano, compiono mille prodezze e mille gesti goffi e maldestri, in atmosfere totalmente deliranti. Ce li propongono due registi belgi, Stéphane Aubier e Vincent Patar che, raccontandoli, hanno mietuto premi e candidature a Cannes, agli Oscar, ai César, sempre meritatissimi. La loro favola, infatti, non è solo buffa per quel punto di partenza dei nomi propri a indicare i personaggi, ma per l'azione che ad ogni svolta ci sciorina: sia quando ci mostra l'errore grossolano commesso da Indiano e Cowboy per festeggiare il compleanno di Cavallo, sia quando, come conseguenza, oltre a seminare nel Villaggio il panico del titolo, porta tutti quei singolari pupazzetti a vagabondare come impazziti tra mostri e mostriciattoli dal centro della Terra al Polo Nord, non trascurandovi in mezzo il corteggiamento sospiroso di una puledra dalla rossa criniera invaghita a tal segno di Cavallo da volergli insegnare, con successo, a suonare il...pianoforte. L'animazione è festosa, le figurine, tra il finto ingenuo e il naïf, hanno fisionomie (e caratteri) sempre godibili, i ritmi le coinvolgono quasi a passo di carica, all'insegna - sempre - di una scoperta, coloratissima follia (del tipo, se vogliamo citare, di quella dei Monty Python). In un'orgia di colori, di grida, di musiche addirittura irresistibile. Così si divertono tutti, soprattutto gli adulti perché il demenziale, com'è noto, ha fra di loro molti seguaci. Specie quando, pur senza insistere, tende a soddisfare anche i gusti dei cinefili.