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Il viaggio di Zero ricomincia da 60

Renato Zero

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Se si volta indietro a guardare il proprio ritratto da giovane, il signor Fiacchini si dice grato a sé stesso: «Io, Renato Zero, sono fiero di aver avuto la sfrontatezza di dichiarare guerra al perbenismo, a un moralismo bieco che negli anni Settanta non mostrava alcuna tolleranza. E quanto vorrei che i ragazzi di oggi potessero rivivere quel periodo, quando la ribellione aveva un senso profondo, lontano dal bullismo e dal vuoto attuale». Ora, caro Renato, lei sta per conoscere la maturità dei sessant'anni. «E festeggerò il mio compleanno con sei concerti a Piazza di Siena. Il 29 e 30 settembre, il 2,3, 5 e 6 ottobre, ciascuna sera davanti a 12 mila spettatori, ogni concerto diverso dagli altri, con ospiti. Una l'ho già arruolata: è Raffaella Carrà». Un happening faraonico, denominato "Sei Zero". Biglietti in vendita dal 24 giugno in rete su Ticketone, e due giorni dopo nelle rivendite. «Chi comprerà il biglietto online riceverà una card con mie immagini. Nell'area dello show sarà allestito uno Zero Village dove saranno proiettati, fra l'altro, i miei film, da "Zerofobia" a "Orfeo9" fino a quel reperto introvabile di "Ciao nì". Sarà un party collettivo: voglio omaggiare quei temerari che da sempre mi seguono. In questo mio Giro d'Italia perenne, dove ho sempre vestito la maglia rosa incollato ai pedali, li ho avuti sempre vicini, in un percorso dove ci hanno messo troppe volte i bastoni fra le ruote». Quanto è cambiata Roma dai suoi esordi? «La città molto. I romani no: sono come delle radici che non assorbono più di tanto la linfa estranea. Sogno che i trasteverini si riapproprino del loro quartiere, e che gli restituiscano quel carattere verace. Oggi per trovare un romano doc devi andare al Tiburtino III». Chi ha scippato la città? «La lottizzazione spietata. Quando la mia famiglia viveva a via Ripetta fu spinta ad andar via. Dicevano che con il nostro edificio avrebbero realizzato un nuovo padiglione del San Giacomo. Invece fu una ristrutturazione edilizia vorticosa. Gli acquirenti ci consolavano ricordando che altrove avremmo avuto il bagno in casa. Proprio come il Celentano della via Gluck. Mezzo secolo fa i romani furono costretti ad andarsene dalle loro case inseguendo il sogno di non dover più pisciare in ballatoio in pieno inverno». Nel frattempo la città è diventata più insidiosa. Omofoba, anche? «Certi brutti episodi accadono ovunque. E in una metropoli è complicato garantire la sicurezza di tutti». È appena uscito il dvd delle "Amiche per l'Abruzzo". Un anno fa, il giorno prima di quel trionfale concerto delle donne popstar a San Siro, il vostro "Corale" all'Olimpico non ebbe lo stesso successo. «Non fu un problema di cast, ma di comunicazione. Sfido chi polemizzò sul valore del nostro evento a trovarne un altro in cui far comparire insieme Morricone, Trovajoli e Piovani. In ogni caso, sarei pronto a salire sul palco all'Aquila con la Pausini, Giorgia, la Nannini e le altre. Sarebbe bellissimo se ogni anno ci fosse un appuntamento collettivo per la musica italiana, per inseguire una giusta causa. E le ragazze hanno fatto bene a sollecitare le autorità ad affrettarsi a realizzare i progetti per i quali sono stati raccolti i fondi. A noi di "Corale" andò meglio, perché la struttura dell'Università che era il nostro obiettivo è fuori dalla zona rossa». A proposito di studenti: per la maturità è stato proposto un tema sulla musica. «Ne sono entusiasta. La musica educa, cura, guarisce l'anima e il corpo. Negli ospedali tanti malati hanno gli auricolari sul comodino. Amici chirurghi operano con i miei brani». Quante, fra le canzoni che ha scritto, sente come una figlia prediletta? «Rivendico la paternità anche su quelle che di cui non sono autore. "Spalle al muro" e "I migliori anni della nostra vita" mi bruciano ancora dentro con una forza dirompente. Non invecchieranno mai».

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