Non vogliono mollare l'osso
Unodei libri che più amo è un vecchio libro di Juan Rodolfo Wilcock, La sinagoga degli iconoclasti (Adelphi, 1972). Ogni qualche anno lo apro, mi diverto e rifletto su uno, due tre di quei medaglioni di fantasia tenuta per le briglie da un'eleganza e da un'erudizione rare a trovarsi. Wilcock fu un argentino cresciuto accanto a Borges. Si fece poi romano, ma continuò a vivere in lui l'attrazione per i casi in cui il nonsenso si affida alla ragione. Conobbi Wilcock al tempo della sua collaborazione a questo giornale. Simpatizzammo. ebbene, qualcuno dei personaggi di Wilcock, gente sempre in bilico tra la gravità e l'incongruo, m'è venuto in mente giorni fa quando ho letto dell'impresa del signor Silvano Vincenti, colui che un anno fa si mise in testa di accertare se realmente vi fossero anche le ossa di Caravaggio tra le molte conservate nella cripta della chiesa cimiteriale di Porto Ercole, sulla cui marina, come è noto, l'immenso artista morì di malaria e di disperazione nel 1610. Di quei personaggi ricorderò qui uno solo: un certo John Kinnaman, appassionato d'archeologia, il quale, tornato dalla Palestina pubblicò in Inghilterra, nel 1940, un libro intitolato Digging for truth, ossìa Scavi in cerca della verità. In quelle pagine egli serenamente raccontava di aver trovato, là dove si suppone sorgesse Sodoma, numerose colonne e piramidi di sale: ma tanta abbondanza, unita ad altre difficoltà, gli aveva impedito di accertare quale di quei reperti fosse la moglie di Lot. In compenso però Kinnaman scoperse nei pressi la casa di Abramo: e fu fortunato, perché in essa rinvenne una pietra con l'autografo del patriarca: "Abramo". Giocose iperboli di un grande scrittore. Qual'è la congruità dell'impresa a cui s'è dedicato il signor Vincenti? Egli s'è messo a capo d'un assai vago Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici, Culturali e Ambientali, ha costituito un'équipe scientifica che brilla dei nomi di due rispettati antropologi, Giorgio Gruppioni e Lucio Calcagnile, e ha comandato che si frugasse tra le oltre duecento ossa riposte in quella cripta del quieto camposanto portercolense. Scelti nell'ossario ventitré "pezzi", gli scienziati ne selezionano nove, e di essi prendono il Dna. Poi, incoraggiati dal Vincenti, avendo in mano l'informazione genetica che ritengono del pittore, se ne vanno alla bell'aria del cimitero di Caravaggio - il paese vicino Milano, piccola patria della famiglia dei Merisi. Lì, in quel camposanto di paese, Vinceti e compagni ricercatori disturbanno il sonno eterno d'una ventina di Merisi. E com'è finità? Il primo tempo è finito come finì l'annuncio di quel marito che disse agli amici "mia moglie è un po' incinta". Infatti, quelli dell'équipe scientifica ritengono che i resti scelti a Porto Ercole siano quelli di Caravaggio con una probabilità dell'85 per cento: e siamo dunque fermi al forse che aveva suscitato l'impresa Ma il signor Vinceti è contento, ha l'intima sicurezza di aver trovato le ossa di Caravaggio ed è apparso in foto sui giornali ridente e quaresimale a un tempo, con un parallelepipedo di cristallo tra le mani, nel quale biancheggiano, sopra un drappo rosso, un femore, un frammento di calotta cranica un pezzo di mandibola e, sembra, due anelli vertebrali. Trionfante egli dice che l'avventura, tutto compreso gli è costata, qualcosa come trenta-quarantamila euro. ("Ma non ci sono soldi pubblici" - precisa. Quanto al secondo tempo di quest'assurdità così costosa, siamo alle prime battute. È possibile che il sindaco di Milano, signora Moratti, dia ascolto a qualche suo consigliere e decisamente alzi il dito e chieda - che dico? pretenda! - che i resti forse di Caravaggio vadano tra quelli di altri Grandi nel cimitero di Milano. Naturalmente, tutta Porto Ercole, compatta, dirà di no, pronta alle barricate. Comunque, resta in piedi una curiosità: il signor Vinceti perderà il denato speso? La prova del Dna è ormai alla portata di tutte le borse, per così dire. Sono passati più di sessant'anni dai primi esperimenti che permisero di estrarre le informazioni genetiche dell'acido nucleico, e forse tra un po' la ricerca del Dna potremo farla in casa. Orbene: questa disponibilità ha dato già da tempo avvio a tutta una serie di ricerche-nonsense. Perché è stato disturbato il sonno di Pico della Mirandola? Perché s'indaga tra i resti di Boiardo e di Poliziano? Sono indagini sepolcrali che non soltanto testimoniano della scomparsa del concetto di pietas, ma che denunciano il sospetto d'una crescente indiscrezione insensata. Perché mai la Chiesa non ha ripreso i frati di Padova che non hanno mostrato - più che onorato - le piccole, povere ossa del grande Santo? Come si può permettere un Vinceti, sconosciuto anche al portalettere, d'indagare tra quelli che forse sono i resti del Caravaggio? Di Michelangelo Merisi, della sua vita, si sa tutto, o quasi. La sua pittura è sempre, e ancora, un libro da sfogliare. 582.577 persone hanno ammirato i dipinti di Michelangelo Merisi alle Scuderie del Quirinale, e innumerevoli tacite o sussurrate domande sono fiorite nella penonbra di quelle sale. Conosco una persona che, ormai da anni, s'interroga sulla strana, accentuata importanza che Caravaggio assegnò al deltoide, il muscolo della spalla tra l'omero e la clavicola, quello che serve a sollevare il braccio. L'ho incontrata quella persona. Sorride e somiglia a Rod Juan Rodolfo Wilcock.