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La donna che salvò Roma dai nazisti

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Marina Ripa di Meana

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Madre coraggiosa e amatissima di sette bambini (Gianni, Susanna, Umberto e altri 4 figli), ma anche bella, fragile, leggera e colorata come una farfalla, Virginia Bourbon del Monte Agnelli visse tra dolori e scandali. Ma fu sempre capace di risorgere. Nata nel 1899, al piano nobile di Palazzo Barberini, dall'americana Jane Allen Campbell e dall'aristocratico Carlo Bourbon del Monte, principe di San Faustino, Virginia vantava una bellezza particolare, dal viso botticelliano incorniciato da lunghi capelli ramati e sciolti, nonostante la moda dell'epoca volesse le donne arricchite da sofisticati chignon. La sua giovinezza fu scandita dal matrimonio con Edoardo Agnelli. Ma rimase presto vedova e in balìa delle ire del suocero, il senatore Giovani che non apprezzava la relazione della nuora con Curzio Malaparte. Cercò di toglierle la patria potestà perché riteneva la sua una condotta libertina. La figura determinata e curiosa di questa donna, fondamentale per la dinastia della Fiat, viene ora raccontato nel libro «Virginia Agnelli Madre e farfalla» scritto da Marina Ripa di Meana (con l'introduzione del marito Carlo) e la giornalista Gabriella Mecucci. Il testo è arricchito da documenti dell'epoca che testimoniano il cammino esistenziale e sentimentale di Virginia.   Ripa di Meana, cosa l'ha ispirata a scrivere la storia di questa personalità femminile? «La scorsa estate vidi per caso una foto di Virginia Agnelli e ne rimasi affascinata, anche perché somiglia in modo impressionante a mia figlia Lucrezia, per i lunghi capelli ramati e per la sua sobrietà. Era strano vedere all'epoca una donna che andava in giro con tutti i capelli sciolti e senza indosso alcun gioiello. E poi, mi sono identificata in lei, che, per quanto fosse giudicata frivola e libertina, alla fine, fu invece una paladina di cause storiche e civili fondamentali».   Cosa fece Virginia Agnelli di tanto importante per Roma? «Quando il senatore, suo suocero, tentò di toglierle la patria potestà dei suoi 7 figli, Virginia lottò come una leonessa e alla fine si riprese i suoi ragazzi e da Torino li portò a Roma: andò da Mussolini, fece una lunga fila prima di essere ricevuta ma la spuntò. Il duce si commosse per la storia di questa donna appassionata e madre coraggiosa. Nella Capitale, grazie a un'opera d'intelligente mediazione, favorì l'incontro segreto tra Pio XII e il generale Karl Wolff, comandante supremo delle SS, in cui si decise la salvezza di Roma. Anch'io, nel mio piccolo ho salvato il Pincio e l'opera del Valadier che l'anno scorso rischiava di essere deturpata da un garage di 300 posti auto».   Quanto l'avvocato Gianni Agnelli è stato influenzato dalla personalità di una madre tanto forte?   «Molto, sicuramente l'amore per la mondanità e la trasgressione Gianni lo ha ereditato dalla madre. Insieme con il forte senso della famiglia. L'avvocato era un uomo cinico, sarcastico, di poche parole, ma di una grande eleganza. Spesso mi diceva: "L'amore? È roba per camerieri". Una volta, quando a casa sua, in via 24 maggio, c'erano anche Jacqueline e Onassis mi disse: "Portali un po' in giro per la Roma by night". E io gli chiesi: "Perché non vieni anche tu?". "Non posso più permettermi di andare in giro inseguito dai paparazzi", rispose. Era vero».   Perchè La storia di Virginia non è mai stata raccontata? «Credo per paura che potessero essere strumentalizzate le sue amicizie con alcuni potenti ufficiali nazisti e il suo libertinaggio».

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