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Strega, cin cin cinquina

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Ohibò,cinquina dello Strega sbilanciata a destra. Perché entrano l'esordiente Silvia Avallone, il regista Paolo Sorrentino che narra dello stravagante cantante di night Tony Pagoda, il profondo e lieve Matteo Nucci. Ma gli altri due sono il «fasciocomunista» Antonio Pennacchi, con l'epopea della bonifica pontina, e Lorenzo Pavolini, che insegue la storia tragica del nonno, il gerarca Alessandro Pavolini, ucciso a Dongo. Come al solito tre grandi case editrici in finale, Rizzoli, Mondadori e Feltrinelli. Le altre sono Ponte alle Grazie e la romana Fandango. Tutto cambia perché tutto resti uguale? È ferrea regola e non si vede perché lo Strega non debba rispettarla. «Amo questa sauna, è bellissima», spumeggiava in tailleur candido Inge Faltrinelli, teutonicamente sopportando l'afa molle sulla terrazza di casa Bellonci, dove al tramonto, da oltre 50 anni, si vota la cinquina. E davvero il cicaleccio mondan-culturale è inossidabile. La bella gente del Premio Strega se ne infischia delle minacce che vengono dal nordista Tremonti. La casa di via Fratelli Ruspoli occhieggia di oleandri e tartine, i cin cin col cocktail champagne e fragola sono una sfida (crepi l'avarizia) al ministro dell'Economia, che aveva sbianchettato i fondi pubblici alla Bellonci. Il presidente Tullio De Mauro non batte ciglio e aspetta il sottosegretario Giro, per mostrargli «il cuore della Fondazione, i 25 mila libri che stiamo inventariando e gli scatoloni di carte, di documenti che segnano la nostra storia letteraria». Meno male che fino al 2012 potrà contare sul sostegno del nuovo partner, il Comune di Roma. Conferma, arrivando in casa Bellonci quando comincia lo spoglio delle schede, l'assessore Croppi: «C'è stata una delibera di giunta. E poi le nostre finanze stanno così male che i tagli di Tremonti non influiscono». Come dire, peggio di così non può andare. E allora che la festa continui. Le schede deposte personalmente nell'urna dagli Amici della Domenica o inviate per posta (vietata ormai la razzia da parte degli editori), la teoria dei vip tra salotto e affacci. Raffaele La Capria, con l'eterna giacca estiva a righine bianche e azzurre, glissa giudizi sui romanzi in gara. Corrado Calabrò loda le iniziative sulla diffusione della lettura tra i giovani ma non dice per chi voterà. Walter Pedullà sostiene a più non posso lo scrittore presentato, il romano Matteo Nucci, che racconta di un figlio alla ricerca della vera identità del padre perduto. Ludina Barzini si sbilancia: «A prescindere dal mio voto, il libro con maggior spessore letterario è quello di Rosa Matteucci. Ha fatto bene a concorrere per conto suo, visto che la sua casa, Bompiani, non l'ha sostenuta e ha preferito mandare avanti il libro della Avallone, edito dall'altro tentacolo del gruppo Rcs, Rizzoli». Ma dopo un'ora l'esito della votazione le dà torto. Rosa Matteucci non entra in cinquina, la regola dell'ordine di scuderia viene confermata. Invece è apoteosi per l'esordiente Silvia Avallone. Con lei e con il suo «Acciaio» (storia amara di due adolescenti sullo sfondo degli altiforni di Piombino) Rizzoli ha costruito un caso letterario pari pari a quello che due anni fa catapultò nell'olimpo il Giordano Paolo de «La solitudine dei numeri primi». Come il giovane fisico, Avallone ha vinto il premio «Campiello opera prima». Di più: il voto collettivo della Società Dante Alighieri è andato a lei. Paolo Giordano invece se ne esce stavolta con un palmo di naso. Sosteneva Angela Bubba ma la giovanissima scrittrice di Catanzaro in gara con «La casa» (Elliot) non ce l'ha fatta. Antonio Pennacchi, nell'androne di casa Bellonci, scherzava: «A Giordà, quanti anni c'hai? Beh, sappi una cosa: la letteratura deve dare un po' di speranza. Buona fortuna». E appuntamento il primo luglio al Ninfeo di Villa Giulia con il voto per il vincitore.

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