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IL PADRE DEI MIEI FIGLI, di Mia Hansen-Love, con Chiara Caselli e Louis-Do Lencquesaing, Francia, 2010. Ho conosciuto Humbert Balsan.

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Aloro volta, naturalmente, i mercati non avevano tardato a voltargli le spalle, così dopo vari dissesti finanziari, pur inizialmente affrontati con coraggio, Balsan nel 2005 finì per togliersi la vita. Adesso una giovane regista, Mia Hansen-Love, ne rivisita le imprese dandogli un altro nome e facendolo soprattutto considerare attraverso gli occhi di una moglie e di tre figlie, due piccole, una grandicella. Tutti, a parte il personaggio di base, abbastanza di fantasia, ma costruiti con specialissime attenzioni, narrative e stilistiche, per la verità. Nei caratteri, nei gesti, nelle situazioni che, dopo il suicidio del protagonista, vedranno la sua famiglia prima impegnata a proseguire la sua opera, poi, sconfitta, affidandosi con amore al suo ricordo. Due tempi, perciò. Il primo, con il personaggio sempre al centro, è vorticoso, ritmato quasi con affanno dagli impegni di lavoro, dalle riunioni, dai cellulari sempre in azione, con lo sfondo costante di quello che è la vita quando si fa il cinema. Il secondo, con la famiglia in lutto, prima quieta, quasi raccolta, con segreti che, pur appena accennati, sorgono dal passato, poi, costretta a voltar pagina, definitivamente, con una malinconia solo affidata a modi asciutti. Si segue prima coinvolti e ansiosi, poi partecipi con emozioni delicate. Le suscita soprattutto l'interpretazione della nostra Chiara Caselli, una moglie, una madre di accenti fini, spesso anche intensi e decisi. Le dà la replica un attore non molto noto, Louis-Do Lencquesaing, all'inizio teso, nervoso, tutto impeti quasi di corsa, in seguito, ma senza drammi esteriori, lacerato e finito dal tracollo. Un po' ricorda Balsan.

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