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Fantasmi romani

Simone Caltabellota

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Mistero, iniziazione, conflitti tra Eros e Thanatos, aleggiano come fantasmi sulla Città Eterna, protagonista occulta del romanzo «Il giardino elettrico». L'esordio narrativo del quarantenne Simone Caltabellota, artista eclettico appassionato di musica (tanto da creare la label Sleeping Star) s'ispira a Epic Soundtracks, musicista morto in circostanze misteriose nel 1997 e venuto a Roma per un live. Lo scrittore immagina che proprio durante il suo concerto si sia innamorato di una ragazza. Nella sua vita da spettro, vagando per una Roma ricca di anime perse, come i vivi, incontra Giulia, suicida a 22 anni. I loro spiriti aiuteranno il protagonista Davide, editor smarrito, a non aver paura d'amare. «Il giardino elettrico» è un romanzo spirituale e filosofico, a metà strada tra il fantastico e l'onirico, che rievoca molti film che hanno negli ultimi anni appassionato il pubblico. Dall'ultimo Lynch al «Sesto senso» di Shyamalan, fino a «The others» di Amenàbar e al recente «Amabili resti» di Jackson, tratto dal romanzo di Alice Sebold. Caltabellota, il suo è un romanzo spirituale e visionario, qual è la sua fonte d'ispirazione? «Il mio non è un romanzo d'amore classico, ma una storia sulla ricerca dell'amore, sulla incapacità di esprimere appieno i sentimenti, un momento che coglie tutti, prima o poi. La paura di aprirsi. Davide, il protagonista, è un ragazzo di oggi, chiuso e deluso. Il suo è un cammino di formazione verso uno stadio esistenziale nel quale riuscirà alla fine a percepire la forza dell'emozione nel darsi all'altro sesso. È anche un romanzo sessuale, nel senso che il sesso diventa una porta che lo conduce verso un mondo spirituale». Una visione del sesso, la sua, che si avvicina molto a quella dell'India arcaica: la sessualità come fusione degli opposti realizza il superamento del mondo fenomenico, l'abolizione della dualità e della diversità.. «Ci sono alcune citazioni orientali nel mio libro, ma anche altre che si rifanno direttamente alla tradizione occidentale, quella pitagorica in particolare. Prima di Aristotele, con Pitagora e Parmenide la filosofia era anche magica e irrazionale, credevano nei cicli che l'anima dovrebbe percorrere per arrivare all'illuminazione finale. Ma, con questi discorsi, non vorrei passare per un santone...». L'immagine femminile nel suo romanzo rievoca anche la donna angelicata dello Stil Novo? «Sì, è una donna vista non solo come qualcosa di spirituale, ma anche di carnale. Il sesso con lei diventa nel romanzo non un momento fine a se stesso, ma sempre legato all'amore, al sentimento, al desiderio di andare oltre, verso il contatto tra due anime». Su tutta la storia domina una Roma misteriosa, inedita, che sembra accogliere tutti gli spiriti del mondo.. «È proprio così che l'ho immaginata, un enorme teatro che si dipana da piazza Venezia, per allargarsi sull'Aventino, e poi verso Trastevere, fino a Villa Borghese. La grandezza della Capitale l'ho immaginata anche nel senso spirituale, è lei che accoglie le anime dei morti, fermandoli alle soglie dell'aldilà, dove la sorte di ognuno dovrà sciogliersi per sempre o restare incompiuta. In questa realtà romana visibile si nasconde un'altra realtà e, in circostanze particolari, queste due dimensioni si toccano oltrepassando il corso del tempo e del destino. Roma offre anche questo nel mio omaggio letterario, che s'ispira allo sceneggiato tv "Il segno del comando"». Stasera al Teatro Alba di Roma leggerà alcune pagine del suo romanzo?  «Sì, farò delle letture aperte al pubblico con il musicista Estasy, che aprirà il 18 giugno al festival di Villa Ada il concerto di Devendra Banhart. Sono un appassionato di musica, tanto che anni fa, invece di comprarmi una casa, ho creato un'etichetta musicale, la Sleeping Star».

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