L'arte ai confini della metafisica
«Lamostra è un autoritratto, un atto di esibizionismo di cui il pittore non può fare a meno. E poi, è anche un modo di confrontarsi soprattutto con il critico che parlerà di te...». Consapevolezza, distacco e un pizzico d'ironia, i segni caratteristici di Carlo Guarienti, classe 1923, pittore trevisano-romano, (anche medico, ma solo per esaudire un desiderio paterno) famoso in Italia quanto all'estero: lo scorso anno, la sede in Belgrave Square dell'Istituto italiano di cultura a Londra, gli ha dedicato una mostra nell'ambito della manifestazione in onore di Palladio. Con «Oltre il reale» dall'11 giugno, invece, Guarienti, esponente di un'antica famiglia veronese e decano degli artisti scaligeri, esporrà nella sala Boggian di Palazzo Canossa a Verona, città che ritiene, per i suoi tesori artistici, «la più completa d'Italia» lui che vive e lavora tra Roma, città bellissima ma faticosa, e Venezia, meravigliosa, inimitabile, unica. Le opere dell'artista (uno dei suoi primi estimatori fu Ungaretti) sono caratterizzate da un'attenzione al linguaggio espressivo della deformazione della figura umana fino ad una forma di irrealtà, caratterizzata dalla focalizzazione di oggetti accostati incongruamente ed immersi in una strana atmosferea fatta di luce e colore. La potenza evocativa del «non finito» è al centro sia in pittura che nella scultura. Malgrado il percorso creativo, fatto di lunga e qualificata ricerca poetica e tecnica in sintonia con un movimento fondamentale del '900 come la Metafisica, Carlo Guarienti tuttora ama sperimentare: nei dipinti, con il ricorso al monocromo o a colori sbiaditi che lasciano intravedere il supporto sottostante quasi fosse un muro affrescato, e nella scultura, dove ottiene effetti di luce e ruvidità delle superfici grazie alla combustione del papier maché. Maestro, sperimentare sembra annullare il romanticismo dell'artista? «Un artista lavora, passa la vita nel suo studio: è lì che vive, pensa, riceve le persone, parla con la tela. E quando arriva la sera se non c'è un segno, una traccia...allora la notte è triste e il pittore parla con se stesso». E l'ispirazione? «L'ispirazione non esiste, serve lo studio, la concentrazione...Io ammiravo e invidiavo Guttuso, mio grande amico proprio per il suo modo di concentrarsi: fumava». Lo scorso anno a Londra, ora «Oltre il reale» a Verona: poche mostre... «Ne faccio poche perché altrimenti non ho tempo per dipingere». Da non perdere, dunque, quella di Verona, a Palazzo Canossa, pinacoteca di Castelvecchio, fino al 19 settembre.