La «Regina» chiude la saga di Larsson
Nelfilm precedente, «La ragazza che giocava col fuoco» diretto da Daniel Alfredson, avevamo lasciato Lisbeth addirittura sepolta viva dal suo terribile padre, l'ex spia sovietica Zalachenko, salvata per miracolo ma mentre è in ospedale raggiunta dalla accusa di omicidio nell'ambito di una trama nera organizzata alle sue spalle da alcuni esponenti deviati dei servizi segreti che adesso la vogliono morta oppure, grazie alla complicità di psichiatri e di giudici corrotti, rinchiusa per sempre in manicomio. Interverrà ancora una volta Mikael Blomkvist che, pur preso di mira a sua volta da tutti quei nemici nell'ombra, decisi a voler morto anche lui insieme con la sua rivista, riesce a organizzare un processo in cui tutti quei cospiratori e i loro turpi accoliti verranno smascherati e Lisbeth arriverà a vedersi scagionata dalle accuse imbastite contro di lei. Ma non è il finale... Il romanzo, come anche il primo della trilogia, «Uomini che odiano le donne», andava a fondo nelle psicologie dei personaggi, a cominciare dal carattere complesso e deciso della protagonista, una ragazza punk e bisex esperta in informatica, mettendo con l'occasione l'accento sui foschi retroscena della democrazia svedese, minacciata, anche ai livelli più alti, da sinistri figuri. Il film semplifica molto l'intreccio, anche perché già piuttosto difficile, nonostante il suo fascino, sulla pagina scritta, ma i suoi effetti li raggiunge egualmente. Qua puntando sul poliziesco, là dando spazi ampi ad avventure torve in cui gli incidenti si susseguono e il male sembra sempre sul punto di prevalere, citando molto Hollywood soprattutto nelle pagine serrate e colme di sorprese che si stringono attorno allo svolgersi ansioso del processo. Ancora una volta gli interpreti si mostrano all'altezza dei compiti loro assegnati, soprattutto Noomi Rapace che, con il suo trucco punk, i suoi tatuaggi e i tanti suoi orecchini strani, ricrea una delle figure di donna più singolari viste sugli schermi in questi ultimi anni.