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Soldi pubblici? Teneteveli
![Da sinistra Elio Germano, Raoul Bova e Marius Ignat in una scena del film](https://img.iltempo.it/resizer/375/-1/true/upload/20130128/iltempo.foto.37195.jpg--soldi_pubblici__teneteveli.jpg)
«Proteste per i tagli ai fondi per lo spettacolo? Sì, le faremo, per spirito di bandiera. Ma l'era del cinema fatto con i soldi pubblici è morta. Il futuro è nelle incentivazioni fiscali»: c'è orgoglio e fiducia nelle parole di Riccardo Tozzi, presidente dei produttori Anica, fondatore e presidente di Cattleya. Il suo film «La nostra vita», a Cannes, ha mandato in visibilio critica e pubblico e oggi è il simbolo di un cinema italiano in crescita. Un cinema che non si piange addosso. Ieri, all'Università Luiss-Guido Carli di Roma, è stato presentato il Rapporto 2009 sul mercato e l'industria del cinema in Italia, promosso dalla Fondazione Ente per lo Spettacolo. Una «fotografia» che mostra una situazione complessivamente positiva. «Una volta girava una battuta - ha detto Luciano Sovena, amministratore delegato di Cinecittà Luce - i produttori sono come l'inventore della Coca Cola, realizzata la prima bottiglia ne ripetono un milione tutte uguali. Ecco, quei tempi sono passati: questa mentalità non c'è più». Insomma il cinema italiano è vivo, vitale e in crescita «quantitativa e qualitativa», aggiunge Tozzi. E le cifre del Rapporto lo dimostrano: il numero delle imprese del settore è in diminuzione, sono più quelle che hanno chiuso che le nuove; il numero totale dei film usciti in Italia è sceso (154 nel 2008, 131 nel 2009) e il Fondo unico per lo spettacolo si è dimezzato, portando i film realizzati con danaro pubblico da 41 a 26. A fronte di questo gli incassi nelle sale hanno avuto un aumento del 14,9 per cento. «La diminuzione delle società cinematografiche non è un dato negativo», commenta Sovena. «Sono spariti i film orrendi. Addio alle "Mutande pazze"», aggiunge, ricordando una pellicola che fece discutere. L'equazione è semplice: meno film, più qualità. Per il presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, Dario Edoardo Viganò, «quello che emerge è un cinema italiano sostanzialmente in tenuta rispetto ai competitor internazionali, nonostante le difficoltà e le incertezze del Fus, che però si lasceranno intravedere nelle criticità del 2010». Insomma il nostro cinema, fatto dagli artigiani-artisti migliori del mondo, ha retto alla crisi ed è pronto alle sfide del futuro. Quello che serve non sono tanto i soldi statali (come continua a sostenere qualche nostalgico dei soviet), ma incentivazioni fiscali. E poi un buon coordinamento delle film commission regionali, che troppo spesso sono gestite da persone, sottolinea con decisione Sovena, «che di cinema non capiscono niente».
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