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Credevamo fossero una specie estinta come il dodo del Madagascar

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Einvece sono ancora tra noi anche se abilmente mimetizzati. Sono i radical chic, razza padrona e piena di sè. Sono quelli che si credono sempre dalla parte del giusto, quelli che pensano che altrove c'è un complotto generale e che sono convinti di essere «i diversi». Hanno radicato nel loro dna il concetto dell'alternativo, l'importante per loro è distinguersi. Il radicalchicchismo è in realtà uno status mentale: ecco perché sono passati indenni a guerre, e rivoluzioni e attualmente si camuffano ancora di più per avere più spazio. A confermarcelo c'è il libro di Massimiliano Parente «La casta dei radical chic» (Newton Compton editori) appena uscito in libreria. Viene venduto insieme a un foglio prestampato di querela per chi avesse intenzione (il libro non si limita alla teoria ma fa pure nomi e cognomi) di denunciare l'autore per diffamazione. Parente è già partita una querela? «Sì, una richiesta da 130.000 euro di risarcimento da Beatrice Borromeo una delle giovani zero del programma di Santoro perché l'ho paragonata a un software. Del resto le giovani zero sono tutte uguali, fighettine radical shaggy chic, parlano tutte alla stessa maniera, erre moscia nobile ma di sinistra, con un italiano basic quasi sintetizzato». Ed eccoci al nocciolo del problema: qual è il collante che tiene insieme la folta e variegata schiera dei radical chic? «L'antiberlusconismo, se sei contro il premier automaticamente sei del gruppo. Saviano, ad esempio, è diventato un'icona dei radical chic quando ha fatto l'appello per la libertà di stampa contro Berlusconi» Lei non ci risparmia nulla neanche il provincialismo culturale del Paese da tutti i punti di vista: critical-chic, scrittori-chic, political-chic, esemplificati nel tour tragicomico alla Biennale Arte di Venezia... «È che i radical-chic intellettuali mediatici ci sguazzano in questo humus. E poi non se ne vanno mai anche se sono convinti che l'Occidente sia la peste dell'umanità». Lei è alla Fiera del Libro di Torino in questi giorni: me la descrive? «Trattasi della Fiera della vanità dei piccoli-medi editori che stanno qui per convincersi che esistono. Un calderone, un suk della cultura, dove scrittori nullità si mettono in mostra come le mercanzie al supermarket» Mi fa una sintesi del suo decalogo sul Premio Strega «Il Premio Strega premia i libri che non resteranno, per dare oggi a chi non è niente la posterità che non avrà nel domani. Nello specifico a manovrare il tutto è sempre la stessa compagnia di giro con un passaggio di consegne tra parenti (i Siciliano, i Pedullà, i Ronchey, i Cecchi D'Amico ecc.) e amici radical.

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