"Noi, poeti invisibili ma stregati da Roma"
Al Ghetto c'è Valerio Magrelli. «Una casa alta e ariosa, a metà tra un'aula e una tana - ci dice - L'ambiente più caro resta la cucina, il focolare dove si riunisce la famiglia. Quando esco è una festa andare a Piazza Farnese. Amo le rovine del Portico d'Ottavia, quella commistione tra strada e rovina. E poi l'isola Tiberina, come una nave attraccata. Roma mi piace, ma è anche legata alla sofferenza per come viene trattata. Ci vorrebbe una sorveglianza continua del cittadino per tutelare i suoi diritti». Lungo via del Corso abita Franco Buffoni, milanese di nascita e romano d'elezione. «La mia casa è spartana e ci lavoro nel totale silenzio. Quando esco, poi, mi bagno nella folla. Da bambino mi innamorai a prima vista di piazza del Popolo. Perciò a Roma ho scelto di vivere in centro. L'Ara Pacis mi riposa lo sguardo, adoro il Lungotevere e il parco davanti a Castel Sant'Angelo. Mi piace camminare, una forma di nobile vagabondaggio, che mi consente di cogliere i dettagli, le pietre che segnano i secoli, l'archeologia, la romanità, il medioevo». A Cola di Rienzo, vive Maria Luisa Spaziani, che da tanti anni anima l'ambiente letterario della Capitale. «Sono come quegli alberi che si innamorano del luogo dove sono trasportati. Così mi sono invaghita di questa città dove la mia radice è ben piantata. Per 44 anni ho abitato in Via del Babuino e ora in Prati. Quando passeggio immagino ancora quelli che sono stati qui tanti anni fa. Nel palazzo vicino al mio abitavano Giolitti e Vincenzo Cardarelli. Mi piace stare in casa, l'ambiente più caro è una piccola stanza attigua al salone, dove ogni mattina, la mia poesia è solita visitarmi verso le 10,15. Scrivo 4 o 5 poesie al giorno». In una piega nascosta di via Flaminia abita Valentino Zeichen. Una casa fuori da ogni convenzione. «Era l'atelier di un mio amico pittore (in questa zona hanno sempre vissuto i pittori) e io l'ho fatta diventare abitazione. Ho un rapporto fisico con la casa, il pavimento di cotto l'ho fatto io. Spolvero poco perché la polvere è bene non disturbarla; potrebbe ribellarsi. Nel cortile ci sono topi, mi diverto a dargli la caccia. Con Roma ho un rapporto ottimo perché non chiedo niente, questa è la prima regola. Vivo da abusivo e non percepisco neanche la pensione perché mi invecchierebbe. Ma come scrittore Roma mi ha dato molto e per questo le sono devoto». Ai Parioli c'è Gabriella Sica. «Davanti alla luce di questa finestra è dove scrivo, non potrei farlo altrove. Sto qui da quasi 24 anni, dopo aver vissuto a Balduina e a Trastevere. In Parioli ci sono spazi aperti che amo molto. Un quartiere rivitalizzato. Vado nei bar, magari dentro a Villa Borghese. Mi piacciono: posso incontrare qualcuno, leggere, pensare e scrivere. In questo quartiere si può stare appartati e i poeti devono stare sempre un po' da parte». Maria Grazia Calandrone vive all'Appio-Tuscolano. «Un paesone, ma molto cambiato negli anni. Io sono legata ai negozianti, gli stessi di quando ero bambina. La mia casa è molto colorata e piena di cose. Ci ho abitato sempre con i miei genitori. Anche l'arredamento è rimasto lo stesso. La scrivania è quella di mio padre, mi ci siedo la mattina e mi alzo solo quando è indispensabile. Percepisco Roma nella sua profondità. E poi c'è la luce, che non si trova da nessun altra parte, una luce vitale». Claudio Damiani dopo aver vissuto a lungo a Roma si è trasferito alle porte della Capitale. «Ho vissuto nel Quartiere Italia e poi nella Città Giardino, una realtà simile a un paese. Roma è una città multiforme, piena di anfratti, molto ricca. È la città più importante del mondo perchè ti pone davanti al tempo e alla temporalità. È sempre all'avanguardia per questa ricchezza eterna. Adesso abito a Rignano Flaminio, in una casa del '700 che ho ristrutturato da solo e con cui ho un rapporto di identità totale. Davanti al mio studio c'è il monte Soratte dove vado a passeggiare, a leggere e scrivere». Ma c'è ancora aria di poesia a Roma? «Un'aria di cultura di livello - risponde Magrelli - ci sono nuovi spazi che danno il polso della situazione, come l'Auditorium. «I poeti a Roma ci sono, ma non si vedono - aggiunge la Calandrone - ma non importa perché c'è una comunità interiore molto forte».