David ai tempi della crisi Bellocchio trionfa e protesta

«Vincere» di Marco Bellocchio ha conquistato il David di Donatello per la migliore regia e il suo film ha anche ottenuto più statuette, ben otto. Eppure, proprio Bellocchio avrebbe preferito non presentarsi affatto alla cerimonia, «visto che il governo dice che la nostra categoria è formata da parassiti o da gente che ruba soldi. Ricevere il David mi fa piacere per mezz'ora, ma poi la mia vita resta la stessa. Mentre il finanziamento statale è stato azzerato e noi autori dovremmo utilizzare occasioni come questa per protestare: in fondo, non chiediamo la carità, se è vero che per ogni euro investito nei film se ne guadagnano due». La festa del cinema italiano ha lasciato dietro di sé qualche polemica, durante la premiazione che si è svolta ieri all'Auditorium della Conciliazione. Già dal mattino, nella tradizionale presentazione dei candidati al Quirinale, alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, i toni erano piuttosto accesi. Napolitano ha giustificato l'assenza del ministro Sandro Bondi (rappresentato dal sottosegretario ai Beni Culturali Francesco Giro), ma il vuoto di interventi politici in un momento tanto delicato per il cinema è stato notato dal ricco parterre degli addetti ai lavori presenti alla cerimonia. Il Capo dello Stato ha poi ricordato come il cinema abbia «dato un grande contributo all'unificazione della lingua e della cultura italiana», mentre riferendosi alle attuali difficoltà del settore, queste «si devono collegare alle difficoltà complessive dovute alla crisi finanziaria mondiale che in questi giorni, con il caso della Grecia, sta dando un brutto colpo di coda». Ma ancora prima dell'assenza di Bondi, un'altra polemica era partita dal produttore della Fandango, Domenico Procacci, contro i criteri della composizione troppo allargata (quasi 1600 membri) della giuria dei David. «E soprattutto - ha detto Procacci - composta da molte persone che con il cinema hanno poco a che fare. Amo molto questo premio ma occorre trovare un nuovo criterio: come ad esempio quello dell'America, dove si entra nell'Academy dopo aver ottenuto almeno una nomination all'Oscar. O come in Francia, dove possono far parte della giuria solo coloro che hanno realizzato un certo numero di film e si paga una cifra annuale simbolica per ricevere tutti i dvd, nel corso della stagione, e poter così esprimere un giudizio più accurato». Rispondendo alla questione sollevata dal produttore, il presidente dell'Accademia, Gian Luigi Rondi, usa toni pacati e spiega che «quando, 55 anni fa Italo Gemini, istituì il premio, l'idea fu proprio quella di ottenere sul cinema italiano un parere non solo dagli addetti ai lavori. L'ingresso in giuria è stato poi aperto a tutti i vincitori del David e, in seguito, sono stati assegnati altri 25 posti ad enti o associazioni. Quest'anno il notaio mi ha fatto sapere che hanno votato 1200 dei 1592 giurati. Dispiace anche a me, per primo, dell'assenza di registi o film importanti» (il riferimento è a Carlo Verdone e Pupi Avati), ha concluso Rondi ricordando «gli impegni che debbono unirci in vista delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia». Il clou delle polemiche è infine arrivato dalla protesta dei Centoautori contro la disattenzione del governo nei confronti del cinema, sotto forma di un messaggio letto a inizio serata da Stefania Sandrelli, nella diretta di ieri su Raisat Cinema, alle 18.30, e poi nella differita, alle 23.20, su Raiuno, per la serata di premiazione presentata da Tullio Solenghi. «Credo sia la prima volta che manchi il governo alla presentazione delle candidature dei David ed è l'ennesimo segnale che la cultura è ormai considerata un costo più che un investimento - ha detto Andrea Purgatori del direttivo Centoautori - Con i contributi statali ridotti a 0 centesimi è a rischio il lavoro di 250 mila persone. Non chiediamo l'elemosina, ma tutti coloro che si assicurano enormi profitti con il nostro lavoro, come i grandi network o i provider telefonici, ci restituiscano una parte degli introiti». Ma the show must go on e allora via alla premiazione. A cominciare dai David Speciali a Tonino Guerra, Lina Wertmüller, Bud Spencer e Terence Hill. Miglior film, «L'uomo che verrà» di Giorgio Diritti, mentre «La prima cosa bella» di Virzì riceve tre David: migliore attrice protagonista alla moglie del regista, Micaela Ramazzotti, migliore attore protagonista a Valerio Mastandrea e migliore sceneggiatura (a Virzì, Bruni, Piccolo, Diritti e Galavotti). Ilaria Occhini e Ennio Fantastichini sono i migliori attori non protagonisti in «Mine vaganti» di Ozpetek. David anche a Valerio Mieli, come migliore regista esordiente e a Ennio Morricone per la musica di «Baarìa».