120 chilometri di storia italiana
Labirinti di memoria. Centoventi chilometri di documenti. Faldoni sistemati negli scaffali, teoria di date, leggi, nomi, negli spazi metafisici dell'Eur. È l'Archivio Centrale dello Stato. Ovvero la storia italiana in 700 mila pezzi, a partire dell'Unità e fin quasi ai giorni nostri. Un pozzo nel quale si è immerso, tra tutti, Renzo De Felice, lo storico che ha revisionato il Fascismo. Ma chi varca il portone dell'edificio tutto bianco progettato per l'E42 e realizzato una decina di anni dopo? Cinquanta studiosi al giorno, esperti interessati a compulsare le carte che hanno fatto l'Italia. Eppure i fondi dell'Archivio Centrale sono capaci di suggestionare: dagli originali delle Leggi e dei Decreti (1861-1988) a inchieste parlamentari (a cavallo tra Otto e Novecento); dai pareri del Consiglio di Stato (1848-1920) agli atti di governo; dalle carte del Ministero della Real Casa e della Presidenza del Consiglio (1876-1976) alla documentazione della Corte di cassazione e dei Tribunali militari. Ci sono le veline della segreteria particolare di Mussolini e i carteggi di politici, militari e artisti. Le vicende di istituzioni soppresse come l'Opera Nazionale Combattenti, l'Ente Eur, l'Iri, l'Enel. Fino ai microfilm della Commissione Alleata di Controllo e del Governo Militare Alleato, agli stemmi araldici o alla lista (oltre 152 mila fascicoli) delle persone considerate pericolose a partire dai tempi di Crispi. Allorché il ferreo primo ministro decise di schedare non solo anarchici, repubblicani e socialisti, ma anche oziosi e vagabondi. Ce n'è abbastanza per essere curiosi di questo universo di pezzi di carta sommerso nei fondi del Ministero per i Beni Culturali. E allora due mostre accendono i riflettori sull'algido contenitore, che così apre a tutti sale e sotterranei. Appunto i 120 chilometri di scaffali. Domani si inaugura «Primo maggio tra festa e repressione», promossa dalla Fondazione Nenni in occasione dei 120 dalla nascita della Festa del Lavoro. Racconta dei temerari che nel 1890 cominciarono a celebrare la fatica di portare a casa lo stipendio e dei divieti, violenti, che opposero i vari governi, fino a quello di Mussolini. Il quale abolì il Primo Maggio, spostandone un surrogato al 21 aprile, fatalissimo Natale di Roma. L'Archivio fornisce materiali intriganti. Le bandiere del movimento operaio, una collezione unica nel suo genere. Proviene dalle razzie operate dai fascisti di 300 stendardi delle organizzazioni operaie e contadine e dei partiti. Pezzi di stoffa che sono libri di storia: per i motti e i simboli che recano, perfino per i colori: il bianco dei cattolici, il verde massonico, il rosso e il nero degli anarchici. Dal 7 maggio al 25 settembre, invece, il cortocircuito tra passato e presente. Nelle sale, nei corridoi, negli scantinati le invenzioni di Chiara Dynys, artista italianissima nonostante il cognome. Ecco, all'ingresso, «Memoria e oblio», due parole installate sullo scalone come giganteschi blocchi in acciaio di una antica tipografia. Ecco la discesa nei sotterranei con l'icastica frase tracciata su un muro sbrecciato: «Il futuro dell'umanità è una libreria». Ecco, alla fine del labirintico percorso, «Ad Astra», nel salone centrale: una scala che s'inerpica sul soppalco, sugli scaffali. Su ogni gradino, una scritta mischia eventi massimi e minimi del pasasto. Dice Agostino Attanasio, il Sovrintendente della raccolta dell'Eur: «Ospitare opere contemporanee è un'assoluta novità per un archivio. Che diventa espressione artistica esso stesso, oltre che oggetto esplorabile da tutti». Ma poi parla dei crucci: «La nostra missione è la conservazione delle carte.I fondi per assicurarla sono insufficienti nel lungo periodo. Serve il controllo del microclima. Le veline si riducono in polvere, i documenti più recenti, in carta meno pregiata, rischiano. L'altro nodo è la necessità di valorizzare gli spazi. Ma questo è compito di Eur Spa, proprietaria dello storico edificio». Chissà se qualcuno ascolterà: la storia del quartiere modello di Roma è proprio nei faldoni dell'Archivio Centrale.