Il delirio comunista plagia i malati di mente
Unfenomeno quasi ciclico nella storia, che il drammaturgo romeno Matei Visniec, conosce bene. Tanto da dover chiedere asilo politico in Francia per sfuggire alla censura di Ceausescu. E alla sua penna si deve anche questo «Come spiegare la storia del comunismo ai malati di mente», fino al 9 maggio al Teatro Valle. Uno spettacolo dello Stabile di Catania, che si avvale della traduzione di Sergio Claudio Perroni e che la regia di Giampiero Borgia, anche interprete, guida con sapida lucidità tra i caustici meandri di un'esaltazione acriticamente ridicola e dissennata. A partire dalla convinzione del direttore dell'istituto per malati di mente di Mosca che la rivoluzione possa e debba realizzarsi pienamente solo trasformando le persone. E senza fermarsi neppure davanti ai cancelli di un manicomio. Dove è necessario dunque insegnare e far comprendere ai pazienti i valori, gli intenti, i modi di una lotta di classe guidata dal grande compagno Stalin. Ecco allora, sulla scena di Giuseppe Andolfo un esilarante patriottico concerto di automi remissivamente catatonici, che la vitalissima infermiera di Annalisa Canfora dirige con gesti di ballerina. Ma anche roteando il culetto ben tornito in segnali di irrefrenabile seduttività, pronta ad abbandonarsi tra le braccia di chiunque abbia avuto il privilegio di conoscere il faro idolatrato della rivoluzione. Non escluso il poeta che addirittura gli ha stretto la mano. E che, reso da Angelo Tosto, porta avanti il compito assegnatogli di indottrinare dei matti che sono forse più sani dei sani. Mentre lo spettacolo va stigmatizzando, sulla cifra grottesca di un paradosso perfino surreale, l'assurdità di idee e comportamenti estremizzati fino al più insano delirio.