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Papino caro. Ma parecchio cattivo

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MaridaCaterini «Ho cominciato a dipingere a sette anni ma nascondevo i quadri a mio padre che non mi consentiva di entrare nel suo studio. Già da allora volevo essere considerato me stesso e non il figlio di Dalì. Non avvertivo la grandiosità del mio genitore. Oggi che ho la percezione esatta della sua irripetibilità, gli dedico una mostra delle mie opere, ad Atene fino al 23 maggio». A parlare è Josè Van Roy Dalì, l'unico figlio di Salvator Dalì. Anche lui pittore, vive ai Castelli romani in una casa museo, lontano dai clamori mondani. Ha dimenticato lo spagnolo e considera l'italiano la lingua madre. Colpa di suo padre che l'ha affidato a due tutori italiani fin da piccolo? In effetti ho avuto quattro genitori; oltre i miei, la coppia di italiani con cui sono vissuto. Incontravo papà che girava il mondo, per consolidare il suo successo, solo a Natale e in estate. Erano brevissimi periodi durante i quali vivevo come in un film. Perciò nei suoi libri tra cui "Dalì è sempre Dalì" è stato molto duro con suo padre? Quei libri sono stati la mia ribellione alla paternità. Vedevo il mondo in maniera negativa. Poi ho compreso che i genitori ti danno l'imprintig. Ed ho cercato di imitare papà. Quando si ammalò, andavo a trovarlo in ospedale agghindato alla sua maniera e mi comportavo esattamente come lui si comportava con me quando ero piccolo. Lo copiavo anche nelle stravaganze. Si spieghi meglio. Quando ero bambino mi parlava in latino per suscitare il mio stupore. In piena notte veniva accanto al mio letto con una lampada fingendo d'essere il diavolo. Una volta si nascose dentro un grande orso impagliato e gridava di liberarlo. Mi spiegava che questi giochi servivano ad accendere l'intelligenza. Faceva anche il giullare per me, ma sapevo che era un modo per tenermi lontano dai suoi lavori. Anche lei ha fatto delle stravaganze? Un giorno mi sono presentato ad una mia mostra dentro una cassa da morto. Il giorno dopo uno psichiatra voleva analizzarmi. Il maggior rimprovero che muove a suo padre? Di essersi schierato dalla parte dei toreri e non dei tori. Ma soprattutto di non essermi stato abbastanza vicino. Oggi lo onora con una mostra Non ho più l'età del figlio, ma del padre o del nonno. La condizione "figlio di" può diventare anche una croce. Io ho provato a tenerla almeno sollevata.

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