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Le amanti del vulcano in un triangolo di fuoco

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Ci sono storie che nessun romanziere, nessun drammaturgo, nessuno sceneggiatore potrà mai inventare: sono le storie della realtà, che riesce a stupire sempre più di qualunque fantasia. Come il periplo della vicenda che ha legato, cinquanta e più anni fa, Roberto Rossellini, il più grande dei registi italiani, fondatore del Neorealismo ad Anna Magnani e Ingrid Bergman. Una storia di passioni, speranze, sentimenti nobilissimi e miserrime corna che neanche uno Shakespeare poteva inventare. Perché Shakespeare era il sommo scrittore di tragedie e di qualche commedia. Mentre questa vicenda a tre è sì tragedia e commedia, ma anche cronaca, farsa, incredibile specchio di un secolo, il Novecento, che non finirà mai di stupirci. S'è preso l'impegno di raccontarci questa storia, della quale molto si è parlato, ma in verità poco si è scritto, se non sui giornaletti scandalistici dell'epoca, un maestro del giornalismo: Marcello Sorgi. L'ex direttore del Tg1, del Giornale RadioRai ed editorialista della «Stampa» è riuscito a conciliare rigore storico, umorismo e cronaca in un libro stupefacente: «Le amanti del vulcano - Bergman, Magnani, Rossellini: un triangolo di passioni nell'Italia del Dopoguerra». Chi teme di trovare nel libro traccia del severo osservatore politico stia tranquillo. «Le amanti del vulcano», racconto storico di un'amore e di un'epoca, è soprattutto un libro divertente, brioso, frizzante, di quelli che si leggono in una notte. Sorgi, senza rinunciare a una briciola del suo rigore, ci racconta questa vicenda cogliendone sempre le gustose particolarità umane. Ha intuito che in quel trio nessuno era quello che sembrava, nessuno appariva all'altro per quello che era. È un po' la classica storia della «sceneggiata napoletana» con isso, issa e o' malamiente, cioè lui, lei e il briccone, ma dove tutto è ribaltato a cominciare dal «briccone», che è una donna. Sì perché la parte del «briccone» la fa Ingrid Bergman, in quel momento una delle attrici più famose del mondo. Ingrid Bergman nel maggio del '48, senza sapere esattamente chi fosse, da un capo all'altro dell'oceano, manda una lettera breve e appassionata a Roberto Rossellini. Offrendosi a lui, praticamente, anima e corpo. La diva hollywoodiana, reduce da un matrimonio catastrofico e da un'evanescente relazione, fu «folgorata» da due film di Rossellini: «Roma città aperta» e «Paisà». Riteneva, erroneamente, che Roberto Rossellini fosse autore anche delle musiche. Rimase impressionata dalla povertà, dalla dignitosa denutrizione, dal calore umano delle persone descritte, magistralmente, nei film. Non sapeva, o forse preferiva ignorare, che Rossellini, sposato e separato, viveva con Anna Magnani, anche lei sposata e separata. Erano, in quel momento, il regista e l'attrice più famosi d'Italia. Roberto Rossellini, ai tempi, in realtà, tutto era fuorché denutrito. Quarantadue anni, decisamente sovrappeso a causa del suo amore per le trattorie, viveva nel più elegante hotel di Roma, l'Excelsior, appunto, con Anna Magnani. Si barcamenava tra alti (pochi) e bassi (moltissimi) di natura economica. L'America non gli interessava, tutt'al più considerava quella nazione un «posto dove rimediare soldi». Si sentì elettrizzato dai doppi sensi, veri o presunti, della lettera della Bergman la quale dichiarava di saper dire una sola cosa in italiano: «Ti amo». Anna Magnani, romana de Roma, forte nei modi, fragilissima nel carattere, per una serie di eventi tragici della sua vita era la donna più sospettosa, collerica e irruenta che si possa immaginare. E non prese bene l'interesse, maldestramente nascosto, di Rossellini per «la bionda americana». Un'incontro, anzi, uno scontro che Sorgi racconta fino all'epilogo finale che è tangibile e ancor oggi visionabile: la realizzazione di due film: «Stromboli» di Roberto Rossellini, con Ingrid Bergman e «Vulcano», di William Dieterle con Anna Magnani. Tutto tra liti, scenate, momenti esaltanti di poesia che hanno fatto la storia del cinema. E non solo.

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