La maledizione del viso d'angelo
Tiberiade Matteis In un mondo che premia i furbi e gli arroganti, Giulio Scarpati è un'eccezione perché il suo viso d'angelo gli ha portato decisamente fortuna. Non poteva mancare «Troppo buono» monologo teatrale in scena al Piccolo Eliseo fino al 2 maggio, scritto con sua moglie Nora Venturini e con Marco Presta, in cui l'attore, impegnato nelle riprese della prossima fiction di Raiuno «Cugino e cugino» con Nino Frassica, si racconta e medita sui valori etici. Si considera una persona veramente buona? Credo di esserlo e di offrire questa immagine, ma dato che tanta gente si riconosce nel gioco scenico sull'idea della bontà che propongo, bisogna pensare che siamo la maggioranza o che gli spettatori teatrali siano particolarmente perbene. Passo dal bambino innocente all'adolescente con minori chance di conquistare le ragazze fino all'attore buono che mi mette a nudo in prima persona, combattuto fra impegno e scelte commerciali. Fra musiche e canzoni eseguite dal vivo si animano accoppiamenti arditi: da Petrarca a Califano, da Gozzano a Jovanotti, da Dostoevskij a Gaber. Con il Telegatto in mano recito un Amleto indeciso fra «essere e benessere», denunciando semplificazioni ed etichette. Perché nel nostro Paese la bontà è giudicata stupidità? Se non addirittura follia! Si ritiene che solo i paraventi e gli imbroglioni possano vincere. Rispettare le regole sembra da perdenti. Un attore che non abbia una relazione clandestina con una velina non fa notizia!. Avere la faccia da bravo ragazzo ha limitato le sue scelte artistiche? È sbagliato credere che un attore possa recitare quello che è, anche se al pubblico televisivo fa comodo pensare che tu sia nella vita esattamente come si pongono i tuoi personaggi. Per un interprete è importante diversificare. Quale figura di cattivo le piacerebbe? Più che la malvagità, mi interesserebbe raccontare la trasgressione, il passaggio verso il non lecito, l'itinerario dall'ordinario all'anormalità. Mi incuriosisce lo sdoppiamento del dottor Jekyll in Mr. Hide, più libero e potente di lui, per la complessità delle loro dinamiche. Come neoeletto Presidente del Sindacato degli Attori, cosa si auspica? Vorrei rivalutare la categoria non solo sul piano economico, ma soprattutto come patrimonio culturale. Vorrei aiutare gli emergenti, eleggere il merito a criterio distintivo e creare solidarietà in un mestiere individualista.