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"Rivoluzionario sì, ma con i soldi"

Shel Shapiro

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Shel Shapiro, cantante produttore musicale attore, chi è veramente Shel Shapiro? «Un uomo con tante situazioni che la vita gli ha regalato. Un po' cantante, un po' produttore musicale un po' attore». Ed ora è arrivato anche il teatro nella sua vita... «Appunto, uno spettacolo che mi ha cambiato, in qualche senso, e mi regala sempre nuove emozioni. Sul palcoscenico con un grande come Moni Ovadia, "Shylock, il mercante di Venezia in prova". Moni ne firma la regia insieme Roberto Andò, un regista profondo e di classe». Come vive la sua vita? «Bene, io vivo l'oggi, per me è stato sempre così».   E non pensa al domani? «Il domani è la proiezione di quello che sto facendo ora. Mi sono sempre ispirato a questo mio credo». Cantante, produttore musicale, attore ma anche scrittore? «Ho scritto per la Mondadori un libro autobiografico, "Io sono immortale"... forse solo un augurio». E la morte ? «La morte ti sciocca, la morte di un amico, la morte di un parente, la morte di una persona che ami e che ti ama. Comunque se sei una rockstar non ti spaventa».   La musica l'ha incontrata da giovanissimo? «La musica era nel dna della mia famiglia, in casa ricordo un piano, una professoressa alla Royal Academy, mia zia. Non potevo non essere affascinato dalle melodie. Avevo solo dieci anni, mio padre, rappresentante di commercio con i paesi dell'Est, mi regala una chitarra. E fu subito amore. E che amore. Una passione travolgente che dura ancora oggi». I suoi primi passi con la chitarra? «Abitavo un bel quartiere, decido subito di mettere su famiglia musicale, un gruppo per suonare ad alcune feste ebraiche».   E l'Italia? «Era il 1963: il nostro gruppo riceve una confortante scrittura, dovevamo accompagnare un cantante del suo Paese, il Belpaese, l'Italia. Sei ballerine sei, avanspettacolo, comici». Lei crede al destino? «Sì, a Torino un cantante resta senza voce, mi tocca cantare, lo sostituisco. Un vero e proprio show, tanta gente, una e vera e propria gioia. C'è l'ingaggio con Rita Pavone».   Quanti ricordi... «Sì guadagnava 9.000 lire al giorno, aprivamo gli spettacoli del famoso Gianburrasca, mini live di cinque pezzi in inglese». Erano arrivati i Rokes? «Sì, avevamo cambiato il nome in The Rokes e Teddy Reno era il nostro produttore. Erano tempi belli, caroselli per l'Algida, tante serate, tanta notorietà». Era, è e sarà sempre un ribelle? «Alcune canzoni erano un po' il manifesto della ribellione giovanile contro gli adulti, eravamo gli idoli di una generazione intera, era in atto la rivoluzione musicale e sociale in Italia».   E tanti soldi? «Sì, macchine fuoriserie, vestiti stravaganti».   Insomma era diventata una rockstar? «Sì, con tante donne ed anche con un titolo: uomo più bello dell'anno. Comunque si lavorava tanto, tante prove, e non sempre tutto andava come doveva andare». Ha avuto qualche momento no? «Certamente, periodi di grande sofferenza che ho saputo sconfiggere e superare. Nella vita si sale e poi si scende e poi si può risalire».   Insomma oggi è contento? «Assolutamente non posso lamentarmi. E poi mi piace il mare, i Caraibi e mi piace la vita. Spero continui ancora per molto».  

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