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Il rock dei Litfiba

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Unmarchio di fabbrica che ha fatto la storia del rock. Almeno in Italia. Correvano gli anni Ottanta e nella musica tricolore la scuola di Firenze faceva il bello e il cattivo tempo. I Litfiba nascevano dall'incontro tra il fiorentino Piero Pelù e l'irpino Ghigo Renzulli: voce e chitarra elettrica. Nessuna tecnica sopraffina ma grande sensibilità e la rabbia punk che si legava alle nascenti sonorità new wave. E non solo. La forza della band degli esordi era legata anche all'apporto di importanti strumentisti quali Antonio Aiazzi alle tastiere, Gianni Maroccolo al basso e Ringo De Palma alla batteria. È questa la formazione con cui conquistano il proprio spazio nella scena musicale nazionale. Firenze è la loro madre e la loro culla: si muovono tra i Diaframma di Federico Fiumani e i Pankow formando una vera e propria squadra che fa da battistrada a tutto il rock del Paese. I Litfiba e Firenze sono i due elementi con cui misurarsi e da cui non si può prescindere se si fa rock negli Ottanta. Sono gli anni degli album più belli: da «Guerra» a «Desaparecido», da «Litfiba 3» ai lavori dal vivo come «Aprite i vostri occhi». Fino a quello che può essere considerato il loro capolavoro assoluto: «17 Re», un doppio album che nel 1986 cristallizza la new wave italiana, costituendo una sorta di compendio per quanto riguarda testi e arrangiamenti. Entrano di diritto nell'immaginario collettivo brani come «Resta», «Re del silenzio», «Vendette», «Pierrot e la luna», «Apapaia», «Sulla Terra», «Ballata» e «Gira nel mio cerchio». E poi ancora «Santiago», «Louisiana», «Ci sei solo tu», «Paname», «Peste» e «Cuore di vetro». Canzoni che sono ancora oggi punti di riferimento per le giovani band che vogliono dire qualcosa di autentico nel panorama del rock italico. Ma come tutte le cose, anche l'ispirazione dei Litfiba era destinata a esaurirsi. O meglio a trasformarsi. A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta arriva, infatti, il successo vero. Quello che non passa più attraverso cantine e concerti dal vivo nei locali della Penisola ma raggiunge la vastità del pubblico televisivo. Sono gli anni Novanta. Quelli di «Pirata», «El Diablo», «Sogno Ribelle» e «Terremoto». Anni in cui i Litfiba abbandonano la carica contestatrice per abbracciare il cosiddetto mainstream dal successo facile. Per questo conquistano fette sempre più ampie di pubblico ma cominciano a perdere quello zoccolo duro che li seguiva dagli esordi. Ed è anche per questo che sorgono i primi dissapori tra le due anime dei Litfiba: Ghigo Renzulli e Piero Pelù. Continuare a rivolgersi a un pubblico di nicchia o cavalcare l'onda del successo? Come che sia, nella band sembra non esserci più lo spazio per tutti e due. L'ambiente diventa claustrofobico e nel 1999 avviene la separazione ufficiale con conseguente «disperazione» degli altri musicisti italiani: Elio e le Storie Tese in testa. La separazione tra Pelù e Renzulli, però, non coincide con la fine della parabola Litfiba. I due non si rivolgono nemmeno più la parola ma il chitarrista prosegue l'attività della band cambiando cantante e scegliendo prima Gianluigi Cavallo e poi Filippo Margheri che un po' scimmiottano stili e movenze dell'ex frontman. Piero Pelù, nel frattempo, tenta la carriera solista e riesce a togliersi anche qualche soddisfazione. Fino all'attuale distensione. Fino alla volontà di ricucire vecchi strappi e guarire vecchie ferite. Rancori e diffidenze sono lasciati dietro le spalle per dare libero sfogo al rock. «La voglia di salire sul palco insieme e fare dei concerti è inarrestabile», hanno ammesso i due nemici/amici che già assaporano il bagno di folla che li attende da stasera alle 21 al Palalottomatica.

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