Addio al re dello humour
Aperta la camera ardente
Addio al gentleman dell'ironia. Addio a Raimondo Vianello, il signore della tv e del cinema che ha unito nella risata tre generazioni. Che è stato, in coppia con Tognazzi, tra i primi divi del piccolo schermo, nell'Italia degli anni '50 che scopriva il gusto di divertirsi, la sera, nel salotto di casa. Vianello - nato a Roma, figlio di un ammiraglio, destinato alla carriera di diplomatico e lanciato come attore da Garinei e Giovannini - aveva 87 anni, ma non è luogo comune dire che non li dimostrava. «Casa Vianello» lo ha portato fino all'ultimo tra le quattro mura degli italiani con la sua Sandra, Sandra Mondaini. Una coppia sorprendente per la capacità di tenere banco dagli anni Sessanta. Lui flemmatico, dinoccolato, pigro, lei petulante, pignola, attaccabrighe. Erano così pure nella vita. Un'intesa degli opposti che funzionava. E sulla quale lui scherzava: «Se dovessi ricominciare, farei certamente tutto quello che ho fatto. Mi risposerei, anche. Con un'altra, naturalmente». Così come funzionò a meraviglia il sodalizio, meglio, la complicità con Tognazzi. Vianello vi approdò dopo aver fatto teatro con Wanda Osiris, Dapporto, Macario, Bramieri. Un cono di successo, ma con quei varietà in bianco e nero, conditi dalla satira, la coppia Vianello-Tognazzi spopolerà. Sfoderavano un umorismo sottile, mai volgare. Prendevano in giro certi miti e certi tipi. Azzardarono anche lo sfottò del Presidente della Repubblica, Gronchi, protagonista di un cascatone durante la visita ufficiale di De Gaulle. Troppo per la tv strapoliticamente corretta di allora. Il programma fu sospeso, i due continuano nel cinema («Mia nonna poliziotto», «A noi piace freddo», «Psycosissimo») diretti da Steno, Mattioli, Mastrocinque, Corbucci. In televisione tornano negli anni Sessanta. Ecco «Studio Uno», ecco un'altra stoccata ai politici, e ancora l'ovvia estromissione da viale Mazzini. Poi Tognazzi sceglie il cinema. Nel '61 Vianello sposa a Roma, nella cornice di Porta Latina, Sandra Mondaini (e Ugo gli fa da testimone). E comincia un altro sodalizio. Raimondo e Sandra sono i signori dei grandi varietà Rai, come «Tante scuse», gli show con Mina e la regia di Antonello Falqui. Lei azzecca la macchietta di Sbirulino, lui fa il finto tonto vestendosi da Tarzan, da Zorro, da «Osvaldo il cartellista toscano». Ma è nel 1988, sempre con Sandra, che Vianello sbalordisce: a sessant'anni, quando la maggior parte dei comici riposa sugli allori, sbarca a Mediaset con un programma diverso, figlio della tv commerciale. È "Casa Vianello", una situation-comedy. Con l'inimitabile chiusa finale di tutte le puntate, che ritrae Raimondo e Sandra prima di addormentarsi. Lui legge il giornale, lei si agita sotto le coperte inanellando una sfila di lamentele. Ancora popolarità e ancora metamorfosi nel 1991: Vianello asseconda la sua passione per in calcio e conduce su Italia 1 «Pressing». Ora il suo tradizionale aplomb gli serve per sdrammatizzare l'aria surriscaldata che si respira intorno allo sport più amato dagli italiani. È un modo nuovo di parlare di calcio, al punto che la trasmissione viene premiata con il Telegatto 1992. Poi una parentesi in Rai: nel 1998 presenta il Festival di Sanremo con la Herzigova e Veronica Pivetti e ancora tanta, tanta «Casa Vianello». Così fino a ieri, in una vita dove il set della sit-com veniva dopo la sveglia di buon'ora, il riposino pomeridiano, il calcio in tv, le chiacchiere con la famiglia dei filippini che Raimondo e Sandra, senza figli, avevano adottato dopo aver vinto entrambi un tumore. L'ironia è servita anche ad esorcizzare i malanni. Se gli chiedevano come andasse la salute sua e di sua moglie, Vianello rispondeva: «Bene, in due abbiamo due reni e due polmoni».