Un malinconico sorriso e un ghigno beffardo, millenari.
Èuna delle rare volte che due capolavori dell'arte classica, di proprietà della Fondazione Sorgente Group, Istituzioni per l'Arte e la Cultura, vengono esposti al pubblico dopo essere stati nascosti per anni in collezioni private. «Il sileno - ci spiega la storica direttrice del Museo Matilde De Angelis - era il più saggio e anziano (questo è il significato del suo nome ndr) dei personaggi del corteggio di Bacco al quale lo stesso dio era stato affidato da piccolo. La maschera bronzea in esposizione, proveniente da un relitto marino, è un unicum nella produzione artistica antica e ben tratteggia il personaggio, un essere semi-ferino dalla lunga barba, le orecchie equine e il capo calvo». Il Dioniso in marmo italico invece doveva ornare il giardino di una ricca domus dell'epoca di Marco Aurelio (161-180 d.C.). Anch'esso è entrato a far parte della Fondazione Sorgente Group lo scorso anno. Prosegue la De Angelis: «Ciò che nella scultura colpisce maggiormente è il serto di piccole rose a cinque petali che cinge il ventre del dio del vino e dell'ebbrezza. La rosa era il fiore della rinascita primaverile, dell'armonia spirituale in associazione al culto di Venere ed evocativo della festa per i defunti, detta appunto Rosalia, che si celebrava nel mese di maggio». Potremmo parlare per ore dei due pezzi in esposizione con la dottoressa De Angelis, ma approfittiamo di lei che in questi ultimi quindici anni ha visto rinascere sia il Palazzo sia le collezioni di capolavori in esso custodite, per un giro tra gli altri tesori del Museo. Chi non ha mai visto, almeno sui libri scolastici, il Trono Ludovisi-Boncompagni con la sua Afrodite che emerge dalle acque? Chi non ha mai provato sgomento di fronte ai Galati morenti del Trofeo di Attalo re di Pergamo? Ecco allora che lasciato Bacco e Sileno la De Angelis ci conduce alla presenza della signora di Palazzo Altemps, la Hera Ludovisi, una meravigliosa testa femminile grande tre volte il naturale e raffigurante in realtà Antonia Minor, la madre dell'imperatore Claudio. Essa divenne una tappa obbligatoria per i visitatori del Grand Tour, penso a Schiller, a Fuessli, ma soprattutto a Goethe che la chiamò «la mia Giunone adorata». Ne volle persino un calco per il suo appartamento sul Corso, poi donato all'amica Angelica Kaufmann. Nel 1823, ormai vecchio, ebbe in dono un nuovo gesso della «sua Giunone» commissionato dai cittadini di Weimar. Campeggia ancora oggi nella Junozimmer (stanza di Giunone ndr)nella casa del poeta. «Palazzo Altemps, nell'ala dedicata all'arte egizia - continua la De Angelis - fu anche la breve dimora di Gabriele D'Annunzio. Nella Cappella di S. Aniceto, il 28 luglio del 1883, si celebrarono le nozze tra il Vate e Maria Hardouin di Gallese, l'ultima rampolla della casata dei teutonici Ab Alta Emps (dell'Alta Valle del fiume Emps da cui Altemps ndr)». Il pescarese ne era diventato lo scandaloso amante trascinandola sull'Arno e violandone per sempre l'aristocratica verginità. Poca gente quel giorno nei cortili del palazzo, ma d'eccezione i testimoni dello sposo: il pittore Francesco Paolo Michetti e il direttore del Fanfulla Baldassarre Avanzini. Fu un matrimonio riparatore, l'onta estrema per il duca Giulio.