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Sul palco dalla Filarmonica al russo Jurowski

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Staseraal Teatro Olimpico per la Filarmonica torna il pianista Andrea Lucchesini, uno dei più quotati solisti delle ultime generazioni stimato da Pollini e come lui avvezzo al classico come al contemporaneo. Lo attesta eloquentemente il programma che spazia da Domenico Scarlatti a Berio passando per Debussy. Sabato invece, oltre alla Mahler Chamber Orchestra per la IUC all'Aula Magna della Sapienza, appuntamento clou al Parco della musica (Sala S. Cecilia con repliche lunedì e martedì) con il ritorno di un figlio d'arte come il direttore russo Vladimir Jurowski (nella foto), che propone in forma di concerto due atti unici, stilisticamente lontani ma vicini per datazione (il 1917) ed ambientazione (una vivace Firenze tra medioevo e Rinascimento): Una Tragedia fiorentina di Zemlinsky su testo di Wilde e il Gianni Schicchi di Puccini. «La Tragedia fiorentina era stata la prima idea di Puccini per il primo atto del suo Trittico - racconta il giovane maestro russo - L'editore Ricordi lo sconsigliò perché finiva con uno scherzo inglese incomprensibile per il pubblico italiano. Nacque così in sua vece Il Tabarro, anch'esso imperniato sulla trama di un uomo che uccide l'amante della moglie. La Tragedia fiorentina pur essendo bizzarra, inglese, vicino al modernissimo Gianni Schicchi sta meglio del verista Tabarro. La Tragedia fiorentina però è stata sottovalutata per molto tempo. Se Richard Strauss rimane sulla base della musica classica, quasi un "nipote di Mozart", Zemlinski è uno sperimentatore. Per questo è rimasto come un pipistrello a metà tra mondo animale e mondo degli uccelli. La sua musica ha bisogno di interpreti che la difendano».

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