O Domus Aurea o parco di Colle Oppio
Il crollo del "voltone" di uno dei lunghi ambienti che Traiano fece costruire sopra la Domus Aurea debitamente interrata, per sostenere la grande "terrazza" sulla quale edificò le sue Terme del Colle Oppio, ha riproposto il problema che si trascina da anni: quello della conservazione e dell'agibilità della Domus Aurea. Un problema che va affrontato radicalmente e risolto in maniera, per quanto possibile, definitiva. È assurdo che, tra una breve (e assai parziale) apertura e lunghi periodi di chiusura del monumento, si continui coi palliativi e le mezze misure. Ed è sorprendente che, anche in quest'ultima dolorosa circostanza, nessuno di coloro che, con varia responsabilità, sono accorsi al capezzale delle antiche strutture malate e morenti, abbia accennato alla considerazione che il problema della Domus Aurea non si risolve se non affrontando insieme anche quello della "sistemazione" delle soprastanti Terme di Traiano. Ciò che, a sua volta, significa il radicale "ripensamento" del Parco Oppio che solo sul versante di via Labicana può essere, per ora, conservato come tale, sia pure ritoccato (anche lì sotto ci dovrebbe essere qualcosa d'interessante!). Occorre che tutta la zona - oggetto dell'intervento urbanistico iniziato dal De Vico alla fine degli anni venti del secolo scorso, con l'esproprio dei giardini di Palazzo Brancaccio, e terminato dal Munoz, nel 1936, con l'apertura del viale del Monte Oppio - venga considerata - e trattata - alla stregua di una...Villa Adriana. O del Palatino; o, meglio ancora, dato il genere di monumento, delle Terme di Caracalla. Vuol dire che, al di sopra degli ambienti della Domus, va eliminato il "giardino", con i prati, le aiole e gli alberi dalle invadenti radici (altrimenti è inutile lamentarsi delle infiltrazioni d'acqua!) e che le antiche strutture superstiti debbono restare libere. E vuol dire pure che i ruderi delle Terme di Traiano vanno tra loro "ricuciti" in un insieme che ripristini la pianta dell'antico edificio, al suo livello originario (più basso, tra i 2 e i 5 metri, di quello attuale del Parco), con i collegamenti da ristabilire attraverso lo scavo di ogni possibile, anche minima, sopravvivenza muraria, o da ridisegnare con ricostruzione, materiale o allusiva (inserti di siepi al posto di muri, e di alberi, al posto di colonne), delle parti perdute. I lavori lodevolmente compiuti di recente - e ancora in corso - dalla Sovrintendenza comunale fanno toccare con mano quanto cambierebbe la situazione con un intervento di carattere organico.