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Il cavaliere errante dell'isola di Hermosa

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RobertaMaresci Il mito di Zorro ha fatto un'altra vittima. Non ha il vezzo di firmare ogni sua azione con una zeta, né si muove nella California spagnola, ma è pur sempre un cavaliere errante, brigante di passo. Si chiama Aurelio Maria Cabrè: è un fuorilegge. Un Robin Hood barbuto, a metà strada tra un romantico Don Giovanni e un pistolero western. Per Flavio Soriga è la grande sfida: 30.000 copie vendute col precedente romanzo «Sardinia Blues», corre per l'Isola di Hermosa a raddrizzare i torti e punire l'arroganza dei baroni. Inseguendo un obiettivo: sfuggire a un destino già segnato. D'altronde «Il cuore dei briganti» (Bompiani) è un romanzo di cappa e spada: se diventasse un film, Asia Argento sarebbe la cortigiana e Vinicio Caposela il protagonista. «Avevo in mente un luogo, un'isola grande e disabitata come la Sardegna e dei personaggi che corressero per queste terre, dove tutto è possibile - racconta l'autore - Ho iniziato a scriverlo leggendo la biografia di Mozart e ho finito che ascoltavo Patty Smith. Perché le suggestioni che ti trascinano nella scrittura, cambiano di continuo ed è giusto perdersi. D'altronde, se sapessi già la fine del libro mi annoierei a scriverlo». Per darvi un'idea del narrato, dovete pensare a Cabrè come una rockstar del Settecento. Un filosofo innamorato degli ideali di libertà che sconvolgono il «secolo dei lumi». Questo gioiello narrativo ci offre lo spunto per riflettere: sulla libertà e sulle responsabilità delle libertà. Tema che sfocia nella decisione di scegliere chi amare e come amare: argomento rivoluzionario se ruota attorno al mondo femminile. Una costante nei libri di Soriga secondo il quale spesso per sentirsi libero di costruire un destino, di fare quello che si vuole, si deve pagare un prezzo: «questo vale oggi per il figlio di un grande commerciante, così come accadeva al figlio di un marchese alla fine del Settecento». E capita anche a Cabrè preso a seguire il vento della storia, che soffia imperioso come un cavallo moresco lanciato al galoppo. Gli eroi sono tanti, nel romanzo come nella «storia» che si snoda tra Venezia, Roma e Hermosa. È il 1794. A Venezia si contano 13 teatri: la laguna vive del turismo di massa e di lì a poco Napoleone la umilierà. Ovunque infiammano i popoli: chiedono libertà, uguaglianza e felicità, pretendono ascolto e diritti anche gli ultimi tra i cristiani, il mondo ribolle di passioni e lotte, di battaglie e rivolte. Hermosa, pare non accorgersi delle fiamme rivoluzionarie, impegnata com'è a combattere contro i suoi antichi mali: povertà e febbri nere, ignorate da signori e baroni, malinconici di un passato spagnolo e preoccupati dal rischio di rivoluzioni. Finché non arrivano i barbari: si dice vogliano portare l'anarchia, uccidere i preti, stuprare le donne. La gente comincia a fare i conti con la paura del diverso, dell'invasore e dell'ignoto che invece tanto incuriosisce Aurelio al punto che un dubbio assale gli abitanti di Miraventos: cosa farà l'indomito cavaliere senza macchia e senza paura?

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