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Carlomignolo, cioè l'Italia che s'accontenta

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i.Un entusiasmo a raccontare di romanzi e autori - dei nostri miti letterari e anche dei nostri bluff - che ti trascina. Mai paludato, Pedullà. Con un occhio ironico che allarga l'orizzonte dalla letteratura alla politica (lui socialista d'antan, vera stoffa di riformista illuminato). Sicché rileggi come fossero di oggi gli articoli pubblicati negli ultimi dieci anni e riuniti in «Il vecchio che avanza - Scampoli illustrati di politica e letteratura degli anni Zero» edito da Ponte Sisto. Perché «il vecchio che avanza?»? «Perché non è la prima volta - avverte Pedullà - che si assiste a una restaurazione. Ma quella d'oggi rima troppo con reazione. Non ci mancano certo le rime a noi che facciamo politica come poesia. Avanza la disoccupazione, cui fa da avanguardia una straripante cassa integrazione. E per chi è a caccia di rime, un'altra: la demagogia sta sconfiggendo la democrazia». Eccolo il viatico dell'arguzia. Pedullà passa in rassegna gli dei del suo Olimpo letterario: i futuristi e Achille Campanile, Bonaviri - il narratore «che mangiava pane e assoluto» - il partigiano Fenoglio, l'affabulatore Tommaso Landolfi, il finto-semplice Vittorini. E l'amatissimo Palazzeschi di «Perelà uomo di fumo». Dal quale mutua un fantasioso racconto-parabola. L'eroe è Carlomignolo, che possiede una rara virtù: regalare la felicità col minimo. E infatti è l'unico capace di possedere la nobildonna Giacomina, alla quale, come racconta lei desolata, «la ciambella era venuta senza buco». O quasi. Sicché inutile provare mariti, la frustrazione rimaneva forte. Fino appunto all'incontro fatale col signor Carlomignolo, nomen omen per via del pisellino. Morale della favola, chiosa Pedullà (erano i tempi della sinistra al potere): l'Italia è come donna Giacomina, «continua a desiderare azioni più profonde (la sinistra estremista è fisiologica al sistema) per cambiare un paese che per natura non lascia passare le grandi novità con cui avanza la storia più fertile». Insomma, «è una nazione di sempre più strette vedute e negata alla grandezza». Ne discende che «è inutile pensare in grande, se gli uomini sono sempre più piccoli, sia nella politica che nella cultura». Amen.

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