Gamer, Butler gioca ma non convince
Hall,Kyra Sedgwick, Logan Lerman, Stati Uniti, 2009. Nel 2034 si immagina che la gente sia più cattiva di come è oggi. Così non le basteranno più, per svagarla, gli attuali incruenti quiz televisivi, ma le ci vorranno combattimenti all'ultimo sangue, un po' come nel Colosseo ai tempi del "pollice verso" ai gladiatori. Ecco allora un gioco sanguinosissimo. Lo combattono dei condannati a morte che se riusciranno a sopravvivere a un certo numero di assalti avranno salva la vita. Poiché però siamo in un futuro (sia pure non molto lontano) il gioco è manovrato da giocatori che, grazie a espedienti del tutto fantascientifici, hanno la possibilità di entrare nel cervello dei combattenti pilotandone le azioni come se fossero pedine o della dama o degli scacchi... Da questo spunto, la storia particolarmente complicata di tale Kable, condannato a morte per errore, e intento adesso, ben telecomandato, a riuscire sempre vincitore fino al momento in cui, con moglie e figli, capirà che, per salvarsi la vita, non gli basterà rispettare le regole cui dovrebbe attenersi... Questo meccanismo è stato architettato da due registi, Mark Neveldine e Brian Taylor, che si sono mossi, agli esordi, negli ambienti spesso affannati dei video musicali e il film di oggi così lo hanno interamente realizzato come se fosse un gigantesco video clip sostenendolo con tutti gli accorgimenti del genere. In mezzo la storia, pur qua e là indicata, si risolve soprattutto in un frenetico montaggio in cui si susseguono a ritmi folli immagini molto più psichedeliche che non realistiche. Tra sparatorie continue, sangue a fiotti, cattivi, anzi cattivissimi, sempre in procinto di far del male a tutti, in una vertigine continua di eventi messi lì soprattutto per far trattenere il fiato. Sempre con chiasso e fracasso. Il protagonista è quel Gerard Butler che si era visto di recente come Re Leonida in "300". Più che recitare, aggrotta al massimo i lineamenti. Riducendosi a un mascherone da fontana.