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Al V-day Mosca sdogana i polacchi

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L'aquilabianca di Polonia torna a stendere le ali sulla Piazza Rossa dopo quasi quattro secoli. Le celebrazioni del 65° anniversario della vittoria degli Alleati sul Terzo Reich vedranno sfilare nella grande parata moscovita del 9 maggio anche reparti dell'esercito polacco, e assai probabilmente ci sarà anche il presidente Lech Kaczynski, invitato dal collega russo Dmitrij Medvedev. Ha assicurato la sua presenza, età permettendo, l'ex presidente Wojciech Jaruzelski, cosa questa che innescherà il solito vespaio di polemiche a Varsavia, considerando i rapporti tesissimi tra il vertice politico e il generale della legge marziale nel dicembre 1981 finito sotto processo. È la prima volta che la Polonia libera e democratica viene affiancata alle grandi potenze che sconfissero il nazismo, al cui fianco era stata dal primo all'ultimo giorno della seconda guerra mondiale, salvo poi essere sacrificata sull'altare della realpolitik per non urtare Stalin. Ed è anche l'ennesimo episodio della doccia scozzese delle relazioni russo-polacche. Se sulla scena il ruolo del grande tessitore è svolto dal premier Donald Tusk, sullo sfondo si staglia l'onnipresente figura di Putin. E' stato lui, come presidente della Russia, a sostituire nel 2005 la festa della rivoluzione di ottobre, il 7 novembre, con quella della cacciata dei polacchi da Mosca, il 4 novembre 1612: l'unica conquista della capitale russa da parte di un esercito straniero. Le cambiali che la Polonia deve portare all'incasso dalla storia sono ancora tante e l'invito alle celebrazioni del 9 maggio non è la più pesante. Quando Stalin aveva celebrato il suo trionfo su Hitler, il 24 giugno 1945, sulla Piazza Rossa i polacchi c'erano sì, ma erano i soldati della I armata del generale Zygmunt Berling, indottrinati alla fede comunista e sotto controllo degli ufficiali e dei commissari sovietici. Anche il generalissimo Konstantin Rokossovskij, pur di origini polacche, era sovietico e sarà l'uomo di "garanzia" della Polonia comunista in qualità di ministro della difesa dal 1949 al 1956 nonché comandante supremo dell'esercito. L'8 giugno 1946 a Londra, alle celebrazioni del V-day, il giorno della vittoria, avevano partecipato persino il Lussemburgo, il Nepal, la Transgiordania, ma non la Polonia: insuperabile il veto di Stalin sui soldati del generale Wladyslaw Anders, paradossalmente tacciati di essere "fascisti" dalla dinsinformacija dell'Urss.

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