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Il dixieland di Woody per i vip romani

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Woody Allen

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Lui l'ha sempre ammesso: «Come musicista valgo poco... se non mi chiamassi Woody Allen nessuno verrebbe a sentirmi», e forse ha ragione. Ma il concerto jazz-vecchio-stile di Allen, ieri all'Auditorium Parco della Musica, è stato un appuntamento ambito e graditissimo per i «forzati» delle serate romane. La musica di Woody, assolutamente priva dei tormenti stilistici degli ultimi sessant'anni, è rimasta ai motivetti orecchiabili di Johnny Dodds e Louis Armstrong. Una sorta di «ninna nanna» in stile dixieland che i palati avvezzi alla cucina casereccia del pubblico romano hanno molto gradito. E poi Allen (nonostante i 74 suonati) era in grande forma. Ad applaudirlo è arrivato il ministro Roberto Maroni (che ha scambiato quattro chiacchiere con Barbara Palombelli), l'ambasciatore israeliano Maier con la consorte, Rocco Sabelli, Mauro Miccio, Nicola Pietrangeli. Allen ha suonato il clarinetto con la sua «New Orleans Jazz Band» per oltre un'ora, tra applausi e grande divertimento, all'insegna del relax. Allen ha voluto iniziare la sua tournée europea proprio dall'Italia, Paese che ama moltissimo. Primo concerto, una sorta di «prova generale», l'altro giorno a Montecatini Terme. Poi, con un po' di tremarella, l'esibizione alla Fenice di Venezia. Allen ha un affetto speciale per la città lagunare e per la Fenice. Aveva già tentato di suonarci, una quindicina di anni fa, ma, a spettacolo già annunciato, il teatro fu polverizzato dal famoso, terribile incendio. Si sa che le persone di spettacolo non sono superstiziose... insomma l'altra sera alla Fenice forse Woody era un po' teso. Comunque il concerto veneziano è andato liscio come l'olio e ieri il regista, famoso per il suo umorismo, si è dedicato al suo secondo lavoro con grande soddisfazione di tutti. Il gruppo riflette lo stile New Orlaens in modo classico già dalla formazione con la tromba (Simon Wettenhall) sempre in secondo piano rispetto al clarinetto e al banjo (Eddy Davis). Il trombone (Jerry Zigmont) segna fantasiosamente il ritmo mentre l'«anima» della melodia è affidata al piano (Conal Fowkes) e al contrabbasso (Greg Cohen), più la batteria (John Gill). Quella che il gruppo interpreta è «la musica che suono coi miei colleghi da quarant'anni - ha detto più volte Allen - ed è l'unica che so fare. Quel jazz vecchio stampo non più popolare negli Stati Uniti, musica degli anni venti e trenta dal ragtime allo spiritual, scaturita a New Orleans in quella nostra Belle Epoque». Allo spettacolo forse sono accorse più persone curiose di vedere il regista di «La dea dell'amore» e «Match Point» alle prese con qualcosa che non fosse una macchina da presa che non patiti del jazz. Ma in un modo o nell'altro Woody riesce sempre a piacere.  

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