Simone Cristicchi: a teatro con la storia di mio nonno
Il racconto Simone Cristicchi ce l'ha nel dna. Parabole dolenti o graffianti, storie un po' recitate magari solo salendo su una sedia e poi saltando giù sono le sue canzoni. Tutte. Ora questo ragazzo romano de Roma, che abita ai Castelli e sta diventando più famoso di Biagio Antonacci - così restiamo nel tormentone - il salto nella narrazione lo fa fino in fondo. In autunno porterà in giro per l'Italia un monologo che è insieme la sua storia e la Storia. Perché ne «Li romani in Russia» riprende un poema in romanesco del misconosciuto e grande Elia Marcelli, scomparso nel 1998. È l'epopea dei poveracci spediti in massa sul fronte russo e tornati in pochi. Cristicchi, perché questa è anche la sua storia? Perché mio nonno Rinaldo, che mi ha cresciuto dopo la morte di papà, è stato un reduce della campagna in Russia. Partì diciottenne con la Divisione Torino. Ma di questa avventura mi ha sempre detto poco. Ho voluto comunque capire. Come, se anche la memoria era tabù? Centellinando quel poco che usciva dalla sua bocca. Per esempio, le prime ore del ritorno. Alla stazione non c'era nessuno ad aspettarlo. Lui era orfano di padre e di madre, viveva con gli zii. Arrivato a casa si levò il cappotto, il panno antighiaccio, gli scarponi. E gli caddero tutte e dieci le unghie dei piedi. Poi, a dormire. Tre giorni di seguito. Non nel letto, ma accovacciato sul pavimento. Aveva sempre freddo, mio nonno. Anche d'estate con la giacca, o con una coperta sulle spalle. Io pensavo: per il gelo patito. Che altro le è servito a capire? Leggere «Il sergente nella neve», «Centomila gavette di ghiaccio», «Tutti i vivi all'assalto». E il poema di Marcelli. Capitai per caso un anno fa a una presentazione curata dal suo esegeta, il professor Teodonio. Un grande testo, da portare in scena. Un poema in ottave, epico, come l'Orlando Furioso. Il romanesco è uno scoglio? Mio nonno era trasteverino, mia nonna del rione Monti. In casa parlavano in dialetto, che per me è familiare. Mi divertiva sentirli dire «spicciatore», invece che pettine. Potrebbe capitare che Cristicchi scelga di essere solo attore? Se va bene, chissà. Al Vivona, il mio liceo, ho presentato il monologo ai ragazzi. Mi hanno applaudito. La Storia è meglio impararla così.