Per quattro anni sul tetto di Palazzo Massimo, sulla piazza della stazione Termini.
Micaper impallinare gli uccelletti che ci sventagliano cacche sulla testa. Ma per dimostrare che il caos non esiste. L'operazione-storni l'ha portata a termine Giorgio Parisi, accademico dei Lincei, ordinario di fisica teorica a «La Sapienza», superpremiato in Italia e fuori. Ha guidato il progetto europeo Starflag finanziato con 300 mila euro. Ha fotografato e filmato le virate, le picchiate, le giravolte, insomma la danza apparentemente casuale dei migratori. Ha trascorso i mesi da novembre a febbraio in cima al palazzo che ospita il Museo Nazionale Romano. Usando apparecchi che, a mano a mano che la ricerca procedeva, si sono fatti più sofisticati. «All'inizio usavamo macchine digitali, poi cineprese di tecnologia avanzatissima - spiega a Il Tempo - Sono apparecchi con ottima risoluzione, consentono di migliorare il sistema di puntamento ed effettuare 60 fotogrammi al secondo. Ne sono derivate immagini tridimensionali. All'interno, dai cinquecento ai cinquemila uccelli. Finito l'accumulo dei dati, si è passati all'analisi». Con risvolti inattesi. Gli stormi si comportano come gli agenti di borsa. «Quando cambiano direzione - chiarisce Parisi - non comunicano la decisione con un suono. Ciascuno copia quello che fa il vicino. Come gli intermediatori finanziari allorché tutti insieme decidono all'improvviso di vendere o comprare azioni». Alle certezze si affiancano interrogativi. «Sappiamo che gli stormi non sono tondi, come appare a occhio nudo. Hanno una forma schiacciata, simile a un lenzuolo che ondeggia. Per muoversi gli uccelli guardano la posizione dei primi sei-otto vicini. E girano allo stesso modo di un battaglione di soldati che fa, per esempio, fronte destro. Quelli che stavano di lato si trovano davanti, e viceversa. All'interno del gruppo però ci sono alcuni che tendono ad andare per conto proprio. Quando si accorgono di aver sbagliato direzione, si correggono. Invece, non sappiamo da dove arriva il segnale di virare. Se dal centro o davanti. Oppure, ancora, se sia frutto di una sorta di mediazione. Un manipolo tende da una parte, uno da un'altra, ma alla fine un individuo convince tutti i compagni di viaggio». Come è venuto in testa a un fisico di mettersi su un tetto a osservare per anni gli storni? «L'input è stata la meraviglia che suscita in ciascuno di noi l'intrecciarsi degli uccelli, specie sullo sfondo dei tramonti romani. Ho voluto cercare una logica nella casualità del volo. Sa, uno dei problemi fondamentali della scienza moderna è capire come regole semplici possano generare comportamenti complessi. Accade quando in gioco ci sono grandi masse. Il lavoro consiste nello sviluppare modelli semplici in base ai quali i nostri uccelli virtuali possano muoversi come quelli veri. Non è facile costruire una cosa che funziona tanto bene in natura. Dobbiamo fornigli istruzioni giuste». Ma alla fine della fiera, a che serve? «A capire qualcos'altro. La scienza è un bosco buio. Ogni tanto c'è una radura, un po' di luce. Il prossimo riflettore lo gireremo sui moscerini. Si muovono in nugoli fittissimi, vogliamo sapere come. Possiamo seguirli puntando cineprese a 200-300 metri di distanza, sistemando più postazioni e sincronizzando le riprese con un ponte radio. Ciò consentirà di riprendere più a lungo il loro volo. Il progetto, approvato dal Cnr con 500 mila euro, è di Irene Giardina, fisico a La Sapienza». E, adesso, non provate più a schiacciare i moscerini.