Giovani e nichilismo, un secolo segnato dall'assenza della fede
La questione di Dio è centrale, soprattutto nella nostra epoca che tende a ridurre l'essere umano ad una sola dimensione, quella più materialistica. La questione religiosa e teologica è anche il tema del libro «Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto», edito da Cantagalli, frutto del Convegno Internazionale che si è svolto in Vaticano dal 10 al 12 dicembre scorso e presentato ieri a Palazzo Wedekind, nella sede de Il Tempo. Alla presentazione c'erano, con il direttore de Il Tempo Mario Sechi, il Cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato per il progetto culturale della Cei, Monsignore Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e Roberto Maiocchi dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, mentre tra il folto pubblico spiccava il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. E a moderare il dibattito c'era Sergio Belardinelli dell'Università di Bologna. Come ha sottolineato di recente Benedetto XVI, «la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l'accesso di Dio». Non un Dio qualsiasi, ma il Dio personale di Gesù Cristo: ed è proprio questa la sfida che teologi, filosofi, storici dell'arte e della cultura, nonché scienziati di diverso orientamento culturale raccolgono in questo volume. In un messaggio raccolto nel libro, Papa Benedetto XVI ricorda che «le esperienze del passato, anche non lontano da noi, insegnano che quando Dio sparisce dall'orizzonte dell'uomo, l'umanità perde l'orientamento e rischia di compiere passi verso la distruzione di se stessa. La fede in Dio apre all'uomo l'orizzonte di una speranza certa, che non delude; indica un solido fondamento su cui poter poggiare senza timore la vita; chiede di abbandonarsi con fiducia nelle mani dell'Amore che sostiene il mondo». Il nichilismo è un «aspetto inquietante della coscienza giovanile, ma anche di quella degli adulti del nostro tempo. È indubbio che il ventesimo secolo ha segnato un'assenza di Dio, impensabile nei secoli precedenti. E questo ha avuto effetti rilevanti sulla vita dell'uomo: la caduta della speranza in senso forte, della speranza nella salvezza, il ripiegamento nei piccoli significati». E ancora, il Cardinal Ruini scrive che «La ragione umana ha bisogno dell'appoggio delle grandi tradizioni religiose dell'umanità, sebbene essa possa e debba esaminare ciascuna di loro con rigore e libertà critica. Un posto particolare merita senza dubbio, nella crisi del rapporto della ragione contemporanea con Dio, Friedrich Nietzsche. Non solo ha trovato in lui larga cittadinanza la tesi della "morte di Dio", ma egli ha visto, prima e forse più profondamente di ogni altro, le conseguenze nichilistiche di questa morte ed ha anche denunciato la deriva banale che ne può seguire, con il travolgimento dell'uomo stesso, pur senza riuscire poi a mettere un consistente argine a tale conseguenza. Si apre dunque dal di dentro dell'indagine razionale lo spazio per il bisogno di una risposta più alta, che in ultima analisi può venire solo da Dio, come già aveva intuito il Socrate del "Fedone" paragonando il percorso umano a una fragile zattera su cui navigare attraverso la vita, nell'attesa di poter navigare con minori pericoli su un veicolo più solido o su un Logos divino». Mentre Monsignor Gianfranco Ravasi, nelle sue conclusioni, ricorda come «l'Arte, che non ha come compito solo di presentare il fenomenico ma il mistero sotteso (l'Inconnu, come diceva il poeta francese Laforgue), quando si fa religiosa, deve sempre cercare di unire in un modo armonico l'Infinito e la carne, l'Eterno e la storia, il Figlio di Dio che è Gesù di Nazaret».