«The bad boys of piano» uno spettacolo con ballerini fuori forma incapaci di andare in sincronia
Ilmercante di Venezia in prova», all'Argentina da domani al 28 marzo, con il ruolo dell'ebreo affidato a Shel Shapiro. Moni Ovadia appare, invece, nei panni di un regista che si è ritirato da anni per protesta e viene incaricato da un finanziere-gangster, trafficante di organi e narcisista, quanto innamorato del teatro, di allestire il capolavoro shakespeariano. Come è nata quest'operazione per lei così vicina e diversa? «Sono da sempre appassionato di Shakespeare, ma non ho molta familiarità con il teatro inteso come interpretazione del testo. Per me il teatro è creazione, scrittura scenica, avventura musicale. Considero "Il mercante di Venezia" irrappresentabile e non mi è mai piaciuto in nessuna edizione, pur salvando i bravi attori e le belle regie. Volevo comunicare che Shylock non è un ebreo, ma un topos cristiano dell'ebreo, trasfigurato dal genio del Bardo in un assoluto umano». Perché avete scelto Shapiro? «Per rappresentare una sorta di Highlander, un vecchissimo che ha attraversato il tempo e non né un personaggio, né un attore, ma un signore che sostiene di essere stato marchiato da chi non lo conosceva. Shakespeare non aveva mai visto gli ebrei: erano stati espulsi dall'Inghilterra dal 1290 al 1665». Quale messaggio ne emerge? «Gli uomini sono tutti uguali a prescindere dal bene e dal male è indicato nel celebre monologo sconvolgente e luciferino di Shylock, che vanta un'infinità di interpretazioni e basta andare su YouTube. Lo facciamo recitare persino a Hitler in un video con la mia voce. L'umanità o la redimi tutta o si danna tutta è la sintesi». Difendete anche la purezza del teatro? «C'è una critica dura all'attacco stupido e sciagurato dei governanti verso l'unico rito collettivo laico in cui ognuno ha la sua dignità e può dire la verità vera. È un crimine umanitario».