Opera: che noia il balletto futurista con la Fracci

Delresto nel 1913 i futuristi si erano esibiti in due spettacoli proprio sul palco del Costanzi, suscitando allarmate interpellanze in Campidoglio. Già, perché i futuristi erano amanti dello sberleffo, dell'ironia, della provocazione. Quanto insomma di più lontano dal perbenistico ed innocuo (oltre che esizialmente noioso) spettacolo imbandito al Teatro Nazionale per celebrarli sotto il titolo, preso a prestito da George Antheil, di The bad boys of piano. Uno spettacolo composito con ben quattro coreografi (l'estroso Franzutti, il nipponico Endo, l'esperto Piazza e la simil-indiana Citaristi), tre musicisti diversi evocati con bravura al pianoforte dallo specialista Daniele Lombardi, la caleidoscopica voce di Susanna Rigacci, due attori spesso poco udibili per motivi tecnici e tanti quadri, segnati dai soliti andirivieni di siparietti in stile futurista cari alle messinscene menegattiane... Si occhieggia al nijinskiano Jeux con la miriade di tennisti in erba, al cubista Parade di Massine con i costumi biancocelesti di Picasso, ma a salvarsi dal naufragio sono solo i quattro arlecchini che spiritosamente rifanno il verso ai quattro cignetti del Lago. Unico momento leggero in tanta pretenziosità, con continui rallentamenti, ripetizioni ed il solito inutile cammeo della Fracci in scena. Uno sparuto e intorpidito pubblico ha tiepidamente applaudito i danzatori, taluni dei quali fuori forma e non in sincronia. Come l'avrebbero presa i futuristi, ostili ad ogni accademismo e ad ogni soporifera noia?